[e-privacy] Privacy e televisione: quando si ha il diritto di non ricomparire in tv

Avv. Barbara Gualtieri mail at avvocatogualtieri.it
Wed Jul 20 11:12:30 CEST 2005


Privacy e televisione: quando si ha il diritto di non ricomparire in tv 
Garante Privacy provvedimento 07.07.2005
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La ritrasmissione di una ripresa televisiva di un processo penale mandato in
onda nel corso di una trasmissione televisiva a distanza di anni, quando
ormai il soggetto che compare nelle riprese è inserito in un contesto
sociale diverso, può integrare la lesione della reputazione e della dignità
della persona.

Lo ha stabilito dal Garante della Privacy, con il provvedimento 7 luglio
2005, ritenendo fondata la segnalazione dell'interessato e vietando
all'emittente televisiva e al direttore del canale (nella specie alla Rai
S.p.a.) l'ulteriore diffusione delle immagini in questione.

(Fonte: Altalex, 20 luglio 2005 http://www.altalex.com/index.php?idnot=1477
)



Garante per la protezione dei dati personali, provvedimento 7 luglio 2005

Attività giornalistica - Privacy e televisione: quando si ha il diritto di
non ricomparire in tv 


IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Nella riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti,
presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott.
Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott.
Giovanni Buttarelli, segretario generale;

VISTA la segnalazione presentata in nome e per conto di XY, dagli avv.ti
Luciano Randazzo e Magdalena Giannavola;

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali (
<http://www.altalex.com/index.php?idnot=6355> d.lg. 30 giugno 2003, n. 196)
e il codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali
nell'esercizio dell'attività giornalistica (Allegato A1);

VISTI gli atti d'ufficio e le osservazioni formulate dal segretario generale
ai sensi dell' <http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1098801>
art 15. del regolamento n. 1/2000;

RELATORE il dott. Mauro Paissan;

PREMESSO

Il giorno 11 marzo 2004, nel corso della trasmissione televisiva di Rai Tre
"Un giorno in pretura", è andata in onda una puntata, già trasmessa nel
1988, dedicata ad un procedimento penale a carico di alcune persone accusate
di omicidio volontario, celebrato nello stesso anno dinanzi alla Corte di
assise di Roma.

Con segnalazione presentata al Garante è stata lamentata la circostanza che
Rai S.p.a, nel riproporre la predetta puntata, abbia diffuso illecitamente
immagini che ritraevano, oltre alle parti del processo, altre persone
presenti nell'aula del dibattimento, tra cui la sig.ra XY, all'epoca del
processo legata affettivamente ad uno degli imputati.

In particolare, è stato fatto presente che nella puntata dell'11 marzo 2004
sarebbero state diffuse nuovamente le immagini che coglievano la stessa
assistita in vivaci reazioni emotive emerse durante il processo, legate alla
drammaticità del momento.

Secondo quanto sostenuto nella segnalazione, la rinnovata pubblicità
dell'episodio a notevole distanza di tempo dai fatti avrebbe danneggiato
l'interessata "ledendo l'onore, la reputazione e la dignità di una donna
ormai di 35 anni inserita in un contesto sociale differente".

Per tali motivi i legali hanno adito l'autorità giudiziaria competente,
segnalando invece al Garante la possibile violazione, da parte di Rai
S.p.a., della disciplina a tutela della riservatezza e del diritto alla
protezione dei dati personali;

Nel fornire riscontro alla richiesta di questa Autorità volta ad acquisire
ogni elemento utile all'esame del caso, Rai S.p.a. ha risposto precisando
che la decisione di riproporre le sequenze del processo era assunta per
permettere al pubblico di confrontare le regole processuali vigenti
all'epoca dei fatti e il diverso rito processuale intervenuto
successivamente, nonché per evidenziare il "contesto sociale e di costume"
di allora. La società ha evidenziato che la puntata dell'11 marzo 2004
seguiva un'altra, andata in onda la settimana precedente e relativa ad un
caso giudiziario analogo a quello del 1988, ma risalente al 1999 e quindi
trattato con il nuovo rito processuale. Rai S.p.a. ha poi ritenuto infondate
le doglianze della segnalante, adducendo che le riprese sarebbero state
autorizzate dal giudice presso il quale era incardinato il giudizio e che le
immagini contestate consistevano, in realtà, in "una ripresa larga", di
"pochissimi secondi", del pubblico presente in aula, effettuata "senza
ritrarre alcuna delle persone ivi presenti in primo piano" e con telecamere
ben visibili a tutti i soggetti presenti in aula; in ogni caso -ha aggiunto-
tali persone non sarebbero state riconoscibili in ragione del tempo
trascorso e del presumibile mutamento del loro aspetto avvenuto nel
frattempo. RAI S.p.a. ha infine precisato che aveva preannunciato ai
telespettatori l'intenzione di riproporre il processo de quo, con un
comunicato stampa e con altri canali di promozione dei propri programmi
televisivi, e che nessun dissenso era stato manifestato al riguardo
dall'interessata o da altre persone; ha specificato da ultimo di aver
comunque deciso di non trasmettere più il programma, "fino a diversa
decisione".

CIÒ PREMESSO, IL GARANTE OSSERVA

La questione oggetto di segnalazione riguarda la liceità della diffusione, a
distanza di diversi anni (sedici), di immagini riprese nel corso di un
dibattimento penale.

Com'è noto, tale fase processuale, salvo casi particolari, è pubblica (art.
471 c.p.p.). Ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca, il giudice, può
anche autorizzarne la ripresa televisiva (art. 147 disp. att. c.p.p.).
Invero, la cronaca diretta nell'aula giudiziaria riguarda a volte vicende
umane, dettagli e relazioni interpersonali particolarmente delicati.
L'ordinamento processuale detta alcune cautele volte a non interferire sulla
regolarità e genuinità del procedimento e a tutelare i soggetti presenti in
aula (art. 472 c.p.p. e art. 147 cit.). Tali cautele non esauriscono i
doveri dei giornalisti relativi alla successiva diffusione delle immagini,
posti dal Codice in materia di protezione dei dati personali e dalle fonti
ad esso allegate o presupposte. Infatti, la disciplina in materia di
protezione dei dati personali contenuta in particolare nel Codice (artt.
<http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1105372#art_136> 136 e
<http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1105372#art_137> 137,
comma 3, d.lg. n. 196/2003) e nel
<http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=46685> codice di
deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio
dell'attività giornalistica, riportato in allegato, permette di trattare
dati personali per finalità giornalistiche, anche senza il consenso degli
interessati, ma nei limiti del diritto di cronaca e nel rispetto della
dignità della persona. In particolare, la diffusione dei dati è ammessa sul
presupposto dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di
interesse pubblico (
<http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1105372#art_137> art. 137,
comma 3 del Codice; artt.
<http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=46685#art_5> 5 e
<http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=46685#art_6> 6 del
predetto codice di deontologia).

Il trattamento oggetto della segnalazione non rispetta tale disciplina.

La finalità dichiarata da Rai S.p.a. di far conoscere quale sia stata
l'evoluzione nel tempo del sistema processual-penalistico italiano e
dell'ambiente culturale e sociale di cui esso è espressione giustificava un
approfondimento informativo quale quello realizzato da Rai Tre, volto ad
illustrare tale evoluzione utilizzando anche immagini di repertorio relative
ad un processo risalente agli anni antecedenti alla riforma del processo
penale del 1989 e relativo ad un grave fatto di cronaca.

Dall'esame della registrazione della puntata dell'11 marzo 2004 emerge che
Rai S.p.a. ha omesso talune inquadrature del pubblico presente nell'aula
giudiziaria, rendendo non identificabili alcuni dei soggetti coinvolti nel
processo; analoghe cautele non sono invece state adottate con riguardo alla
segnalante.

Le immagini che ritraggono quest'ultima e le sue reazioni emotive nel corso
del processo medesimo sono state proposte senza alcuna cautela volta ad
evitarne l'identificazione, non rispettando il richiamato requisito di
essenzialità.

Tali immagini riguardano infatti una persona presente tra il pubblico,
estranea al processo e che è stata poi collegata alla vicenda solo in virtù
della relazione sentimentale, successivamente emersa, intercorrente
all'epoca con uno degli imputati (cfr.
<http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=46685#art_5> art. 5, comma
1 del codice deontologico).

Già all'epoca della prima trasmissione televisiva riguardante la vicenda
giudiziaria la stessa segnalante aveva contestato alla Rai la liceità della
diffusione delle immagini che la ritraevano nel corso del processo,
documentando specifiche conseguenze negative.

Alla luce della normativa in materia di protezione dei dati personali
intervenuta dopo la prima trasmissione del 1988, la tutela invocata dalla
segnalante trova un giusto fondamento anche nel diritto della segnalante di
non essere più ricordata pubblicamente, anche a distanza di molti anni (cd.
diritto all'oblio;
<http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1105372#art_11> art. 11,
comma 1, lett. e) del Codice). La riproposizione di una delicata vicenda
giudiziaria e personale -già a suo tempo oggetto di un'ampia attenzione da
parte del pubblico e dei mezzi di informazione- ha leso il diritto
dell'interessata di veder rispettata la propria rinnovata dimensione sociale
e affettiva così come si è venuta definendo successivamente alla vicenda
stessa, anche in relazione al proprio diritto all'identità personale e al
diritto alla protezione dei dati personali.

A differenza di quanto sostenuto da Rai S.p.a., la tipologia delle riprese
consente di riconoscere la segnalante. Dall'esame della registrazione emerge
infatti che le telecamere si soffermano sull'interessata mentre la stessa
reagisce a seguito della richiesta di condanna del pubblico ministero. Le
immagini diffuse concernono una persona che era già adulta all'epoca del
processo, le cui sembianze, pertanto, non erano destinate a subire
necessariamente mutamenti significativi nel tempo.

Inoltre, la circostanza che Rai S.p.a avesse annunciato tramite comunicato
stampa e canali di promozione dei propri programmi la messa in onda di detto
processo non era sufficiente a rendere di per se stessa lecita la diffusione
delle immagini suddette, in ragione dei richiamati principi.

A sostegno di quanto sin qui osservato, non è poi priva di rilievo la
circostanza che anche in caso di interesse sociale particolarmente rilevante
alla conoscenza del dibattimento che giustifica la ripresa dell'udienza, le
parti presenti nell'aula hanno diritto di non essere riprese (art. 147,
comma 3, cit.).

Non risulta infine sufficiente l'autonoma decisione di Rai S.p.a. di
sospendere la trasmissione del programma, ma solo fino a diversa decisione
della stessa, dovendo questa Autorità assicurare un risultato certo di
garanzia provvedendo ai sensi dell'art. 144 del Codice, anche al fine di
prevenire il rischio di un nuovo possibile pregiudizio per l'interessata.

Alla luce delle considerazioni svolte va disposto nei confronti di Rai S.p.a
e del direttore di Rai tre, ai sensi dell'art. 143, comma 1, lett. c), del
Codice, il divieto di ulteriore diffusione delle immagini relative alla
segnalante descritte in premessa in difformità dai principi sopra affermati.

Copia del presente provvedimento è inviata, per le valutazioni di
competenza, anche al competente Consiglio regionale e al Consiglio nazionale
dell'Ordine dei giornalisti.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a) dichiara fondata la segnalazione e, ai sensi degli artt. 143, comma 1,
lett. c) e 154, comma 1, lett. d) del Codice in materia di protezione dei
dati personali, vieta alla Rai S.p.a e al direttore di Rai tre, l'ulteriore
diffusione delle immagini relative alla sig.ra XY; inoltre, ai sensi degli
art. 143, comma 1, lett. b) e art. 154, comma 1, lett. c) prescrive agli
stessi soggetti l'adozione delle misure necessarie per conformare i
trattamenti ai principi richiamati nella decisione medesima, astenendosi da
ulteriori trattamenti in difformità dai medesimi principi;

b) dispone l'invio di copia del presente provvedimento al competente
Consiglio regionale e al Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti.


Roma, 7 luglio 2005

IL PRESIDENTE
Pizzetti

IL RELATORE
Paissan

IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli

avv. Barbara Gualtieri

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