[e-privacy] Cassazione e privacy: "l'oscuramento" dei dati identificativi nelle sentenze
Avv. Barbara Gualtieri
mail at avvocatogualtieri.it
Mon Jul 11 11:38:56 CEST 2005
Cassazione e privacy: loscuramento dei dati identificativi nelle sentenze
Cassazione, Ufficio Massimario, relazione 05.07.2005 (
<http://www.altalex.com/index.php?idstr=85&idu=11859> Franco Abruzzo)
<javascript:window.print()>
Passo indietro della Cassazione a tutela del diritto di cronaca garantito
dalla Costituzione: è stata distribuita ai giornalisti , come hanno riferito
le agenzie Ansa e Adnkronos del 16 giugno, una copia integrale di una
sentenza per la quale l'imputato, in questo caso un violentatore, aveva
domandato la sbianchettatura del proprio nome. La Suprema Corte ha, però,
deciso, contrariamente a quanto recentemente avvenuto in due altri casi, di
rilasciare la copia integrale del verdetto ai cronisti in quanto l'artìcolo
52 del Dlgs 196/2003 impone l'oscuramento dei dati identificativi soltanto
nelle riviste giuridiche cartacee e telematiche.
In pratica, sulle sentenze che riguardano imputati, che già nei precedenti
gradi di giudizìo hanno chiesto la tutela della normativa sulla privacy, la
Suprema Corte stampiglia un timbro con la dicitura "in caso di diffusione
omettere le generalità e gli altri dati identificativi''. In questo modo chi
chiede copia di tali sentenze, e chiunque può richiederle perché sono atti
pubblici pronunciati "in nome del popolo italiano'', è avvertito che deve
oscurare le generalità se vuole pubblicarle su una rivista specializzata. Ma
il richiamo della stampigliatura non vale per la cronaca giudiziaria in
senso stretto altrimenti, oltre al diritto all'informazione, non sarebbe
salvaguardato nemmeno il principio della pubblicità dell'esito dei processi
La sentenza diffusa il 16 giugno, nella sua ìntegralità, riguarda la vicenda
di un imputato per violenza sessuale, Carmine L., condannato definitivamente
a tre anni di reclusione, al quale la Corte di Appello di Bologna, lo scorso
dicembre, aveva concesso il beneficio della sospensione della pena. Ad
avviso del pm, invece, Carmine L., non poteva usufruire del beneficio. Ma la
Cassazione con la sentenza 22742/05 della Terza sezione penale ha confermato
la decisione della corte felsinea.
I due precedenti verdetti oscurati con le sentenze 18993 e 19451/2005 su un
avvocato truffaldino e un usuraio sono stati gli unici casi di
sbianchettatura del 2005. Un peccato di eccesso di zelo nell'applicare la
legge 196/2003.
Sull'argomento era sceso in campo più volte il presidente dell'Ordine dei
Giornalisti della Lombardia, che aveva sottolineato l'errore nel quale era
incorsa la Cassazione.
Pubblichiamo qui di seguito la relazione del 5 luglio 2005 dell'Ufficio
Massimario della Corte di Cassazione.
(FONTE: Altalex, 11 luglio 2005. Si rimanda all'
<http://www.altalex.com/index.php?idnot=9742> articolo di Franco Abruzzo del
26/6/2005)
Corte di Cassazione
Ufficio del Massimario
Relazione 5 luglio 2005
Corte di Cassazione e tutela della privacy: loscuramento dei dati
identificativi nelle sentenze
Sommario: 1. La questione: pubblicità della sentenza e tutela della
privacy.2. Sguardo retrospettivo: la disciplina anteriore al Codice di
protezione dei dati personali. 3. In generale, i trattamenti per ragioni di
giustizia nel d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196. 4. Lanonimizzazione dei dati
identificativi degli interessati nel Codice sulla privacy. 5. Modalità e
ambito di protezione dei dati sensibili. In particolare, i rapporti con la
libertà di stampa.
1. La questione: pubblicità della sentenza e tutela della privacy. La
presente relazione[1] affronta la questione dei limiti e delle modalità di
anonimizzazione dei dati identificativi degli interessati nelle sentenze e
negli altri provvedimenti giurisdizionali di ogni ordine e grado, ai sensi
dellart. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di
protezione dei dati personali; dora in poi, Codice).
Il tema da collocare, per ragioni sistematiche e ricostruttive, nel più
ampio contesto del trattamento dei dati personali per ragioni di giustizia
investe un aspetto centrale della disciplina del Codice, nel quale sono
coinvolti aspetti che si pongono in rapporto dialettico: la pubblicità delle
sentenze e il rispetto della sfera privata di chi vi ha preso parte.
Da una parte vi sono linteresse e lesigenza della pubblicità, intesa come
dimensione coessenziale del processo. La pubblicità è momento ineliminabile
del fair trial, rappresentando sia un elemento organizzativo delle attività
processuali a garanzia degli interessi fondamentali degli interessati, sia
un elemento di controllo esterno sulloperato delle corti a tutela di
interessi di carattere meta-individuale, come la trasparenza e
limparzialità delle procedure giudiziarie[2].
Accanto allinteresse dei terzi a conoscere e controllare le modalità di
amministrazione della giustizia vi è il diritto alla privacy, posto a
presidio della intimità, della riservatezza, dellidentità e della dignità
della persona. Tuttavia questo diritto che pure non si consuma una volta
che, con il processo, il soggetto ha fatto ingresso nella sfera pubblica
non si traduce né si risolve in una difesa ad oltranza della sfera privata,
tale da renderla segreta ed inaccessibile a terzi (right to be let alone);
piuttosto, sollecita unesigenza di bilanciamento con le esigenze di massima
trasparenza che contraddistinguono il fenomeno processuale.
2. Sguardo retrospettivo: la disciplina anteriore al Codice di protezione
dei dati personali. La legge 31 dicembre 1996 n. 675 (Tutela delle persone e
di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali) non conteneva
una disciplina ad hoc sul trattamento dei dati personali[3] in ambito
giudiziario.
Infatti lart. 4, relativo ai particolari trattamenti in ambito pubblico,
stabiliva soltanto, con riferimento ai trattamenti del servizio del
casellario giudiziale, a quelli di cui allart. 371-bis, comma 3, cod. proc.
pen. o attuati, per ragioni di giustizia, nellambito di uffici
giudiziari, del Consiglio superiore della magistratura e del Ministero della
giustizia, una limitata applicabilità delle disposizioni della stessa legge.
Tra queste, si ponevano le norme sulla notificazione (art. 7), sulla
modalità di raccolta e sui requisiti dei dati personali (art. 9), in tema di
sicurezza (art. 15), su alcuni limiti di utilizzabilità dei dati (art. 17),
in tema di responsabilità per danni (art. 18), sui compiti e su alcune
modalità di accertamento del Garante (artt. 31, 32, commi 6 e 7), sulle
sanzioni e sui reati (art. 34).
La legge non conteneva tuttavia una definizione dellespressione per
ragioni di giustizia, sicché si era posta in termini controversi la
questione se la suddetta disciplina riguardasse anche i trattamenti
effettuati dalla magistratura nellesercizio della funzione giudiziaria.
In senso affermativo si è più volte espresso il Garante. Pur dando atto che
il trattamento di dati per finalità investigative e giudiziarie non era
disciplinato dalla legge con sufficiente chiarezza, il Garante aveva
ritenuto applicabili allattività della polizia giudiziaria, svolta sotto la
direzione del pubblico ministero, i principi previsti per i trattamenti per
ragioni di giustizia ed in particolare quelli, di cui allart. 9 della legge
n. 675 del 1996, di pertinenza e di non eccedenza delle informazioni
trattate rispetto alle finalità lecitamente perseguite, con la conseguenza,
tra laltro, che il materiale informativo da acquisire nel procedimento
penale dovesse essere selezionato in base alla necessità di assumere dati,
informazioni e notizie necessari per la prevenzione, laccertamento e la
repressione dei reati. Ciò sul rilievo che la citata legge, non
pregiudicando tali finalità, rendeva necessario operare in un quadro di
maggiore attenzione per i diritti della personalità tutelati dalla legge
stessa, ed imponeva di non arrecare pregiudizi ingiustificati alle
persone, specie qualora si tratti di terzi estranei alle vicende
giudiziarie. In particolare, il deposito degli atti di indagine, ad avviso
del Garante, poteva rappresentare un fattore in grado di esporre a gravi
pregiudizi i terzi estranei al processo, considerata anche la facilità con
cui atti di questa natura potevano divenire successivamente oggetto di
facile diffusione[4].
Lo stesso Garante, nel chiarire che tra le disposizioni non abrogate dalla
legge n. 675 del 1996 rientravano anche le norme del codice di procedura
penale e le altre norme processuali vigenti relative alla conoscibilità del
calendario dei processi, della pubblicità delle udienze e degli esiti dei
giudizi, nonché quelle concernenti laccesso ai registri giudiziari e
lestrazione di copia di atti processuali, precisava che le attività degli
uffici volte al rilascio di copie di atti o alla consultazione dei registri
relativi ai procedimenti giudiziari si ponevano tra le attività svolte per
ragioni di giustizia e ribadiva lobbligo anche per il trattamento di dati
da parte degli uffici giudiziari dellosservanza del principio di
pertinenza[5].
Sempre con riferimento ai trattamenti di cui al citato art. 4, il Garante ha
preso in considerazione le censure mosse da un ricorrente in ordine alla
comunicazione da parte dellautorità giudiziaria di dati personali,
acquisiti attraverso intercettazioni telefoniche (nella fattispecie,
relativa allautorizzazione concessa dal pubblico ministero alla polizia di
sicurezza per luso della suddetta documentazione a scopi disciplinari, il
Garante ha ritenuto che lart. 270, comma 1, cod. proc. pen., prevedendo una
limitazione alluso dei risultati delle intercettazioni telefoniche in altri
procedimenti penali disciplinati dal codice di rito, non precluderebbe in
linea generale lutilizzazione dei medesimi risultati se lecitamente
acquisiti in base al codice in procedimenti diversi da quello penale, come
quello di tipo disciplinare)[6].
Il Garante ha inoltre ritenuto che rientrasse nellambito dei trattamenti
per ragioni di giustizia la divulgazione di un dato riguardante la salute di
una persona avvenuta a seguito del deposito agli atti in un procedimento
giudiziario di un verbale di sommarie informazioni assunte ex art. 351 cod.
proc. pen. nellambito di indagini di polizia giudiziaria (nella specie il
ricorrente aveva chiesto, tra laltro, leliminazione dallincarto
processuale dellintero atto contenente informazioni personali relative al
proprio stato di salute, ovvero una rettifica del medesimo atto mediante
leliminazione dellinformazione in questione)[7].
Muovendo da una problematica sorta con il riferimento ad un processo civile
per il risarcimento dei danni subiti da persone affette da HIV contratta a
seguito della somministrazione di emoderivati infetti, il Garante, oltre a
richiamare i principi di correttezza, pertinenza e sicurezza nel trattamento
dei dati, aveva segnalato al Governo e al Parlamento lopportunità di
introdurre alcune norme di raccordo in materia, per meglio contemperare le
esigenze processuali di accertamento pieno e trasparente dei fatti e delle
connesse responsabilità con laltrettanto importante esigenza di garantire,
con ogni mezzo possibile, la riservatezza dei soggetti coinvolti in alcune
vicende giudiziarie, nelle quali siano esposti ad ulteriore rischio aspetti
particolarmente delicati della persona[8]. A tal fine, il Garante aveva
richiamato quanto previsto dal legislatore con lart. 13, comma 5, della
legge 23 febbraio 1999, n. 44, con il quale era stato consentito al pubblico
ministero di adottare le necessarie cautele per assicurare la riservatezza
dellidentità delle vittime degli atti estorsivi o di usura che abbiano
denunciato i fatti di reato per cui si procede, in ragione delle
comprensibili ripercussioni che la diffusione delle generalità potrebbe
avere sulla loro incolumità, a causa di prevedibili azioni di ritorsione.
Per quanto riguarda la posizione assunta dalla giurisprudenza di
legittimità, è da segnalare Cass. pen., Sez. II, 23 marzo-30 aprile 1999, n.
1480, ric. Ferrari, rv. 213307, secondo cui i limiti derivanti dalla legge
n. 675 del 1996 non possono porsi per lautorità giudiziaria che indaga in
ordine a fatti penalmente rilevanti, alla luce sia dei principi generali del
diritto processuale penale, sia dellart. 27, comma 1, della legge ora
citata, che stabilisce che il trattamento di dati personali da parte di
soggetti pubblici è consentito per lo svolgimento delle funzioni
istituzionali, ed infine del contenuto del comma 4 dellart. 22.
Questultima norma, nel disporre che i dati sensibili possono essere
utilizzati con lautorizzazione del Garante, ma senza il consenso
dellinteressato, qualora il trattamento sia necessario ai fini dello
svolgimento delle investigazioni di cui allart. 38 disp. att. cod. proc.
pen., dimostrerebbe in maniera inequivocabile, ad avviso della S.C., che
per il pubblico ministero non sono posti limiti di sorta in materia. In tema
di riconoscimento della paternità, la Corte ha affermato inoltre che non è
configurabile nel sistema alcun potere di controllo o di indirizzo
dellAutorità garante sulle modalità di esercizio della giurisdizione
(Cass. civ., Sez. I., 7 novembre 2001, n. 13766, rv. 550059: nella specie,
il ricorrente si era rifiutato di sottoporsi alla prova del DNA per ragioni
di riservatezza).
La dottrina aveva prevalentemente seguito questultimo indirizzo. In
particolare, era stato sostenuto che la generica espressione ragioni di
giustizia, oltre ad essere associata dalla norma a strutture amministrative
(quali il Ministero o il CSM), doveva essere ricollegata, con riferimento al
termine uffici giudiziari (e quindi non a magistrati, giudici, autorità
giudiziaria), a quelle attività amministrative o burocratiche, che, per
essere strettamente connesse alla funzione giudiziaria, presentavano un
nucleo caratteristico e differenziatore rispetto ai trattamenti propriamente
amministrativi, soggetti alla disciplina generale di cui alla legge n. 675
del 1996[9]. Doveva trattarsi in altri termini di tutte le attività
amministrative effettuate dallamministrazione della giustizia per finalità
strettamente collegate con la funzione giudiziaria, mediante lutilizzazione
di dati personali particolari (acquisiti in occasioni di processi), con
esclusione delle attività relative a personale, mezzi e strutture
dellAmministrazione della giustizia (le quali ricadevano nel più generale
ambito della disciplina dei trattamenti svolti dalla pubblica
amministrazione)[10]. A tale soluzione, con riferimento allo specifico tema
del controllo del Garante sullattività giurisdizionale, la dottrina era
anche pervenuta sulla base di ragioni di carattere costituzionale e di
razionalità del sistema processuale[11].
Nelle incertezze sullambito di applicazione dellart. 4 cit., si era posta
la questione della collocazione tra i trattamenti per ragioni di giustizia
di quello relativo al CED della Corte di cassazione e degli altri archivi di
informatica giuridica, non contemplati dalla legge n. 675 del 1996, con
conseguenti ricadute sulla disciplina ad essi applicabile.
La normativa invero prevedeva in linea generale la legittimità del
trattamento di dati personali idonei a rivelare i provvedimenti di cui
allarticolo 686 commi 1, lettere a) e d), 2 e 3 cod. proc. pen., attuato al
di fuori dellambito delineato dallart. 4 cit., soltanto se autorizzato da
espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino
le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati
trattati e le precise operazioni autorizzate (art. 24). La norma consentiva
il trattamento di tali dati, se autorizzato, anche da parte di soggetti
privati.
Stante il limitato campo di applicazione di tale norma, era stata poi
inserita, con la novella di cui allart. 9 del d.lg. 28 dicembre 2001, n.
467, la disposizione (art. 24-bis) con la quale si specificava che il
trattamento di dati suscettibile di arrecare rischi specifici per i diritti
e le libertà fondamentali, nonché per la dignità dellinteressato, in
relazione alla natura dei dati o alle modalità del trattamento o agli
effetti derivanti, era ammesso nel rispetto di misure ed accorgimenti a
garanzia dellinteressato, ove prescritti dal Garante sulla base dei
principi sanciti dalla legge nellambito di una verifica preliminare
allinizio del trattamento, effettuata anche in relazione a determinate
categorie di titolari o di trattamenti, sulla base di un eventuale
interpello del titolare.
Tra le autorizzazioni di tipo generale rilasciate dal Garante ai sensi
dellart. 24 si poneva quella per la documentazione giuridica (n. 7 del
2000), diretta a favorire la prosecuzione dellattività di documentazione,
studio e ricerca in campo giuridico, in particolare per la diffusione di
dati relativi a precedenti giurisprudenziali, in ragione anche dellaffinità
di tali attività con quelle di manifestazione del pensiero già disciplinate
dagli articoli 12, 20 e 25 della legge n. 675 del 1996. La suddetta
autorizzazione richiamava peraltro il rispetto ad un uso dei dati trattati
in linea con le finalità perseguite (i dati possono essere comunicati e, ove
previsto dalla legge, diffusi, a soggetti pubblici o privati, nei limiti
strettamente necessari per le finalità perseguite).
In ordine al CED della Cassazione, il Garante aveva sottolineato lesigenza
di assicurare un uso legittimo dei dati personali consultati nelle banche
dati da parte degli utenti, in particolare per la consultazione di
provvedimenti giudiziari che riportano generalità delle parti e dati
riferiti a particolari condizioni o status, anche di natura sensibile. I
dati consultabili attraverso laccesso al CED, aveva ribadito il Garante,
potevano essere utilizzati dagli utenti per scopi di documentazione e
ricerca in ambito giudiziario o professionale, di studio o per eventuali
statistiche, ma non anche, in mancanza di una specifica previsione e di una
previa informativa agli interessati, per altre finalità indebite, quali, ad
esempio, il monitoraggio della giurisprudenza di alcuni uffici giudiziari
diretta alla profilazione del comportamento del singolo imputato o
magistrato o la valutazione a fini disciplinari della produttività
dellorgano decidente[12].
3. In generale, i trattamenti per ragioni di giustizia nel d.lgs. 30
giugno 2003, n. 196. Con riferimento ai trattamenti in ambito pubblico
esclusi dallapplicazione della legge n. 675 del 1996 (e quindi anche per
quelli per ragioni di giustizia), il legislatore aveva delegato il Governo,
con la legge 31 dicembre 1996, n. 676, al pieno recepimento dei principi
desumibili dalla legislazione in materia di tutela delle persone e di altri
soggetti rispetto al trattamento dei dati personali. La nuova normativa
doveva dettare anche una disciplina per favorire lo sviluppo
dellinformatica giuridica.
Stante la mancata attuazione della suddetta delega, veniva emesso un nuovo
provvedimento di delega con la legge 6 ottobre 1998, n. 344, anchesso
inevaso dal Governo. Con la legge 24 marzo 2001, n. 127, il legislatore
concedeva un nuovo termine per lattuazione delle deleghe oramai scadute,
conferendo nel contempo al Governo una nuova ed autonoma delega per
lemanazione di un testo unico delle disposizioni in materia di tutela delle
persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali e
delle disposizioni connesse, coordinandovi le norme vigenti ed apportando
alle medesime le integrazioni e modificazioni necessarie al predetto
coordinamento o per assicurarne la migliore attuazione.
Mentre le precedenti deleghe venivano inutilmente a scadenza, solo la
seconda veniva prorogata dal legislatore (fino al 30 giugno 2003) con la
legge 3 febbraio 2003, n. 14, allo specifico fine di consentire il previo
recepimento della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali.
Tale direttiva peraltro aveva la dichiarata finalità di armonizzare le
disposizioni degli Stati membri in tema di privacy con specifico riguardo al
trattamento dei dati personali nel settore delle comunicazioni elettroniche
e per assicurare la libera circolazione di tali dati e delle apparecchiature
e dei servizi di comunicazione elettronica allinterno della Comunità[13].
Sulla base di tale quadro normativo, veniva quindi varato il d.lgs. 30
giugno 2003, n. 196.
Per quanto attiene al trattamento di dati personali per ragioni di
giustizia (artt. 46-49), il Codice accoglie sostanzialmente la soluzione
interpretativa fatta propria dal Garante, identificando tali trattamenti in
quelli direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di
controversie, o che, in materia di trattamento giuridico ed economico del
personale di magistratura, hanno una diretta incidenza sulla funzione
giurisdizionale, nonché nelle attività ispettive su uffici giudiziari (art.
47, comma 2). Restano pertanto esclusi, come chiarito dalla Relazione di
accompagnamento al Codice, i trattamenti relativi allordinaria attività
amministrativo-gestionale di personale e mezzi, rispetto ai quali trova
applicazione la ordinaria disciplina dei trattamenti in ambito pubblico.
Capovolgendo limpostazione della previgente normativa, viene stabilito in
linea di principio lapplicabilità ai trattamenti per ragioni di giustizia,
salvo limitate eccezioni, dellintero corpo delle norme del testo unico
(art. 47, comma 1).
Tra le disposizioni non applicabili ai trattamenti suddetti si pongono in
particolare quelle dettate dagli artt. 9 (modalità di esercizio dei diritti
dellinteressato), 10 (riscontro dellinteressato), 12 (codici di
deontologia e buona condotta), 13 (informativa), 16 (cessazione del
trattamento), 18-22 (regole specifiche per i soggetti pubblici), 37 e 38
commi da 1 a 5 (notificazione del trattamento), 39-45 (obbligo di
comunicazione e regole per il trasferimento dei dati allestero), 145-151
(norme sulla tutela dinanzi al Garante). Secondo la Relazione di
accompagnamento al Codice, si tratta di disposizioni non agevolmente
compatibili con un efficace perseguimento dellinteresse pubblico
perseguito[14].
Al riguardo, va segnalato il recente provvedimento del 7 febbraio 2005[15],
con il quale il Garante ha escluso lammissibilità di un ricorso, avanzato
ex art. 145 del Codice da una persona sottoposta a procedura esecutiva
immobiliare dinnanzi ad un ufficio giudiziario, diretto ad ottenere il
blocco o la trasformazione in forma anonima dei dati personali che la
riguardavano, contenuti in alcuni documenti diffusi sul sito Internet del
medesimo ufficio. Il Garante, nel rilevare che nei confronti di tale
tipologia di trattamenti, ai sensi dellart. 8, comma 2, lettera g), del
Codice, i diritti di cui al citato art. 7 non potevano essere esercitati con
richiesta rivolta direttamente al titolare o al responsabile o con ricorso
ai sensi dellart. 145, ha deciso di avviare gli accertamenti nei modi di
cui allart. 160 del Codice sul trattamento dei dati personali effettuati
dallufficio giudiziario interessato. Per quanto riguarda, poi, le
informazioni contenute nei provvedimenti dellautorità giudiziaria che
dispongono il giudizio penale, il Garante ha ribadito che, fermo restando il
rispetto dei principi di pertinenza e di non eccedenza, la normativa in
materia di protezione dei dati non pregiudica lesercizio dellattività
giudiziaria, in particolar modo quando il codice di rito preveda
specificamente linserimento in tali provvedimenti di precise informazioni
per determinate finalità processuali[16].
Circa gli esiti dei controlli effettuati dal Garante, la norma da ultimo
citata, mentre significativamente da un lato prevede che la validità,
lefficacia e lutilizzabilità di atti, documenti e provvedimenti nel
procedimento giudiziario basati sul trattamento di dati personali non
conforme a disposizioni di legge o di regolamento restano disciplinate dalle
pertinenti disposizioni processuali nella materia civile e penale (art. 160,
ult. comma)[17], dallaltro stabilisce che, nel caso in cui il trattamento
risulti non conforme alle disposizioni di legge o di regolamento, il Garante
indichi allufficio giudiziario le necessarie modificazioni ed
integrazioni, verificandone lattuazione (art. 160, comma 2).
Nulla si prevede invece in ordine alle conseguenze nel caso in cui
questultimo non si adegui alle prescrizioni del Garante. In ogni caso, ove
accertata dal Garante la violazione di legge o di regolamento, le parti
possono agire con autonoma azione di responsabilità civile di danno anche
non patrimoniale.
Particolari regole sono contenute nel Codice in ordine a talune attività
giudiziarie che avevano creato maggiori problemi in tema di privacy, quali
le notificazioni e le vendite giudiziarie.
In ordine alle prime, il Codice, intervenendo sulle relative disposizioni
processuali (art. 174), adotta il principio secondo il quale, qualora la
notificazione (sia in ambito civile che penale, nonché riguardante sanzioni
amministrative e di atti e documenti provenienti da organi delle pubbliche
amministrazioni, se effettuate a soggetti diversi dagli interessati) non
possa essere eseguita nelle mani del destinatario, la copia dellatto deve
essere consegnata in busta sigillata e su questa non devono essere apposte
indicazioni da cui possa desumersi il contenuto dellatto stesso.
È stata modificata anche la disciplina sulla pubblicazione degli avvisi
concernenti le vendite giudiziarie (art. 174), prevedendo che negli avvisi
relativi allesecuzione immobiliare debba essere omessa lindicazione del
debitore e che nella vendita senza incanto i dati relativi al debitore
possano essere forniti dalla cancelleria del tribunale a chiunque vi abbia
interesse.
Per quel che attiene al regime di riservatezza degli atti trattati in ambito
giudiziario, va rammentata la regola generale secondo cui non sussistono le
garanzie della privacy per quei dati provenienti da pubblici registri,
elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque, fermi restando i limiti e
le modalità che le leggi, i regolamenti o la normativa comunitaria
stabiliscono per la conoscibilità e pubblicità dei dati (artt. 24, comma 1,
lettera c; 38, comma 6; 43, comma 1, lettera f). Peraltro, nella vigenza
della precedente normativa, il Garante aveva affermato che il calendario dei
processi, le udienze e le sentenze sono pubblici e conoscibili da chiunque
vi abbia interesse, secondo le modalità regolate dal codice di rito e dalle
altre norme processuali[18]. Così aveva ritenuto lecita la diffusione della
notizia della richiesta di rinvio a giudizio, anche quando limputato sia
indicato nominativamente, in quanto la diffusione di tale tipo di notizia
non risultava vietata da norme specifiche[19].
Maggiori restrizioni sono previste dal Codice nel caso del trattamento,
fuori dallambito sopra descritto, dei c.d. dati giudiziari, definiti
dallart. 4 come i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui
allarticolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14
novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe
delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi
pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60
e 61 del codice di procedura penale. La definizione è stata aggiornata a
seguito alladozione del testo unico in materia di casellario giudiziale ed
estesa, rispetto alla previgente normativa, alla qualità di imputato o di
indagato, senza prendere peraltro in considerazione le violazioni
amministrative (secondo la Relazione di accompagnamento, in attuazione di
quanto previsto dalla direttiva 95/46/CE, che allart. 8, comma 5, si
riferisce soltanto ai trattamenti riguardanti infrazioni).
Il Codice considera legittimo il trattamento di tali dati da parte di
soggetti pubblici o privati solo se autorizzato da espressa disposizione di
legge o da provvedimento del Garante che specifichino le finalità di
rilevante interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di
operazioni eseguibili (artt. 21 e 27).
Nel caso di soggetti pubblici, è rafforzato il principio di proporzionalità
nel trattamento di queste informazioni, ritenendosi legittimo il trattamento
dei soli dati giudiziari indispensabili per svolgere attività istituzionali
che non possono essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di
dati anonimi o di dati personali di natura diversa (art. 22) .
Tra le autorizzazioni di ordine generale rilasciate dal Garante per il
trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici o privati vi è
quella relativa alla documentazione giuridica, secondo cui è autorizzato
il trattamento, ivi compresa la diffusione, di dati per finalità di
documentazione, di studio e di ricerca in campo giuridico, in particolare
per quanto riguarda la raccolta e la diffusione di dati relativi a pronunce
giurisprudenziali, se pur con la prescrizione di tipo generale che possono
essere trattati i soli dati essenziali per le finalità per le quali è
ammesso il trattamento e che non possano essere adempiute, caso per caso,
mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura
diversa[20]. A differenza degli altri trattamenti dei dati giudiziari, i
dati da utilizzare per la documentazione giuridica, come rimarca
lautorizzazione suddetta, non devono essere forniti dagli interessati, nel
rispetto della disciplina prevista dal d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313. In
ogni caso, lautorizzazione richiama gli artt. 51 e 52 del Codice, che
dettano una particolare disciplina per la diffusione dei dati giudiziari in
via informatica.
4. Lanonimizzazione dei dati identificativi degli interessati nel Codice
sulla privacy. E in questo ambito che il Codice affronta il tema della
anonimizzazione dei dati identificativi degli interessati, nel contesto di
una specifica disciplina dettata con riguardo alla informatica giuridica
(artt. 51 e 52).
Il cardine di questa disciplina è rappresentato da un principio che coniuga
la tutela della riservatezza con la promozione e lapertura: le norme degli
artt. 51 e 52 non pongono, nel loro complesso, divieti e restrizioni, ma
tendono (è la stessa Relazione che accompagna il Codice a riconoscerlo) ad
agevolare lo sviluppo dellinformatica giuridica nel rispetto dei principi
in materia di protezione dei dati personali. La finalità ispiratrice, in
altri termini, è quella di favorire la conoscibilità dei dati
identificativi
delle decisioni giudiziarie adottate mediante reti di
comunicazioni elettronica anche attraverso il sito Internet dellautorità
giudiziaria.
A tale riguardo il legislatore delegato si è attenuto al criterio direttivo
specificamente previsto dalla legge di delegazione: lart. 1, comma 1,
lettera l), della legge n. 676 del 1996, come si è visto, prevedeva infatti
che il Governo, nellemanare la nuova disciplina in materia di tutela delle
persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali,
dovesse dettare norme dirette a favorire lo sviluppo dellinformatica
giuridica.
Con riguardo alla diffusione delle sentenze e delle altre decisioni
dellautorità giudiziaria, esse a termini dellart. 51, comma 2, del
Codice sono rese accessibili anche attraverso il sistema informativo e il
sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet, osservando
le cautele previste nel successivo art. 52.
La possibilità di accedere alle sentenze e alle altre decisioni
dellautorità giudiziaria di ogni ordine e grado non è circoscritta ai
soggetti portatori di uno specifico interesse, ma in linea con il
carattere pubblico delle sentenze e degli altri provvedimenti con cui si
conclude il grado di giudizio a chiunque. Infatti, a differenza di quanto
avviene con riguardo ai dati identificativi delle questioni pendenti i
quali, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 51, sono resi accessibili a
chi vi abbia interesse[21] anche mediante reti di comunicazione elettronica,
ivi compreso il sito istituzionale della medesima autorità nella rete
Internet , per le sentenze e per le altre decisioni dellautorità
giudiziaria il d.lgs. n. 196 del 2003 non contiene alcuna disposizione
limitativa. Inoltre le sentenze e gli altri provvedimenti giurisdizionali,
consultabili nella rete attraverso laccesso al sito istituzionale
dellautorità giudiziaria, possono essere utilizzati dagli utenti per le
finalità più varie: per scopi di documentazione e ricerca in ambito
giudiziario o professionale, di studio o per eventuali statistiche.
Le cautele da osservarsi nella diffusione delle decisioni sono tipiche e ad
un tempo speciali. Infatti:
- non riguardano tutti i dati (ad esempio, la particolare vicenda attinente
allo stato di salute o alla vita sessuale di un certo soggetto o alla
discriminazione religiosa o razziale subita da tal altro soggetto), ma
soltanto i dati identificativi dellinteressato, per tali intendendosi ai
sensi dellart. 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo i dati
personali che permettono lidentificazione dellinteressato;
- non concernono tutte le decisioni, ma soltanto quelle nelle quali per
legge o secondo lapprezzamento del giudice si pone unesigenza di
oscuramento dei dati identificativi dellinteressato.
In linea generale, pertanto, le sentenze e gli altri provvedimenti
giurisdizionali possono essere diffusi, anche attraverso il sito
istituzionale nella rete Internet, nel loro testo integrale, completo
oltre che dei dati riferiti a particolari condizioni o status, anche di
natura sensibile delle generalità delle parti e dei soggetti coinvolti
nella vicenda giudiziaria. Questa conclusione è agevolmente ricavabile dal
comma 7 dellart. 52 del Codice, ai cui sensi Fuori dei casi indicati nel
presente articolo [il quale si riferisce ai dati identificativi degli
interessati] è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche
integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali.
Lart. 52 del Codice mantiene ferme le disposizioni concernenti la redazione
e il contenuto delle sentenze, sicché la pronuncia, nel momento in cui viene
redatta e depositata in cancelleria, deve contenere lindicazione del nome
delle parti, nonché dei loro difensori e del giudice (cfr. art. 133 cod.
proc. civ. e artt. 536 e 545 cod. proc. pen.). Il Codice in materia di
protezione dei dati personali (art. 52, comma 1) fa infatti espressamente
salvo quanto previsto dalle disposizioni dei codici di procedura concernenti
la redazione, il contenuto e aggiungeremmo noi la pubblicazione di
sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali dellautorità giudiziaria
di ogni ordine e grado; esso interviene soltanto a disciplinare il momento
della diffusione della sentenza o del provvedimento giurisdizionale per
finalità di informatica giuridica.
A differenza dellesperienza nordamericana (nella quale, in materie
particolarmente sensibili, è data la possibilità di agire dietro
pseudonimo), il nostro sistema, così come quello degli altri paesi europei,
non conosce, neppure con riguardo al processo civile, la possibilità della
omissione di dati anagrafici dellattore (o del convenuto) già al momento
dellintroduzione della domanda[22].
La possibilità di rendere in forma anonima i dati personali contenuti in una
sentenza si ha soltanto al momento della sua riproduzione in qualsiasi forma
per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti
elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica.
Lart. 52 definisce i casi nei quali è garantito il diritto allanonimato
delle parti in giudizio o dei soggetti interessati.
Il sistema si articola su due livelli.
A) Il primo livello affida allintervento del giudice lanonimizzazione
delle generalità e di altri dati identificativi. Sussistendo motivi
legittimi che andranno esplicitati, linteressato (non solo, quindi, la
parte del giudizio) può chiedere, mediante istanza scritta depositata nella
cancelleria o segreteria dellautorità procedente prima che sia definito il
relativo grado di giudizio[23], che sulloriginale della sentenza o del
provvedimento sia apposta, a cura della cancelleria o segreteria,
unannotazione volta a precludere, appunto in caso di riproduzione della
sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione
giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di
comunicazione elettronica, lindicazione delle generalità e di altri dati
identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o
provvedimento.
Su tale istanza provvede in calce con decreto, senza ulteriori formalità,
lautorità che pronuncia la sentenza o adotta il provvedimento. La medesima
autorità può disporre dufficio lanonimizzazione a tutela dei diritti o
della dignità degli interessati.
Il diritto dellinteressato a chiedere che eventuali riproduzioni del
provvedimento avvengano con lesclusione delle sue generalità deve essere
funzionalmente agganciato alla presenza di motivi legittimi.
E stata affacciata, in dottrina, la tesi secondo cui il giudice non
potrebbe sindacare un atto di disposizione di un proprio diritto,
autonomo, quale quello alla privacy, ma debba provvedere, a semplice
richiesta dellinteressato, allannotazione dellanonimato[24].
La tesi non è condivisibile, perché in tal modo si finirebbe per
legittimare una sorta di signoria assoluta ed esclusiva sui dati personali
che collide con lintero spirito della disciplina della privacy, prima
ancora che con la lettera della legge e con le esigenze di giustizia ed
efficienza sottese alla sua implementazione pratica. In particolare,
eliminando il sindacato sui motivi legittimi si vanificherebbe quella
difficile ricerca di un equilibrio tra il rispetto della privacy e le
esigenze fondamentali di controllo sulla trasparenza e limparzialità
dellattività giudiziaria[25].
Lautorità giudiziaria dovrà pertanto valutare in concreto i motivi
legittimi addotti dallinteressato, bilanciando il principio della generale
conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale
delle sentenze, quale strumento di democrazia e di informazione giuridica,
con la tutela del singolo[26].
Ne consegue che lanonimizzazione da intendere come soluzione possibile
ma non sempre necessaria e soprattutto non automatica[27] non sembra che
possa essere disposta dal giudice sulla base della semplice affermazione
dellistante: occorre che ci si trovi in presenza di circostanze particolari
e di motivi debitamente giustificati, che vanno oltre il mero interesse al
riserbo. In definitiva e posto che linteressato non potrà limitarsi,
nella sua istanza, ad un generico richiamo alla locuzione legislativa
lomissione dellindicazione delle generalità e dei dati identificativi
potrà essere disposta ogniqualvolta dalla diffusione completa della sentenza
o di altro provvedimento giurisdizionale derivi un pericolo di pregiudizio
per i diritti e le libertà fondamentali o per la dignità dellinteressato.
In questo senso può trarsi spunto dallart. 47 delle Rules della Corte
europea dei diritti delluomo: Applicants who do not wish their identity to
be disclosed to the public shall so indicate and shall submit a statement of
the reasons justifying such a departure from the normal rule of public
access to information in proceedings before the Court. The President of the
Chamber may authorise anonymity in exceptional and duly justified case[28].
Ulteriori argomenti esegetici possono essere desunti dagli approdi del
dibattito formatosi in merito al generale diritto riconosciuto
allinteressato di ottenere la trasformazione in forma anonima dei propri
dati personali e di opporsi al loro trattamento, previsto sin dalla
disciplina previgente tra i diritti della persona (e ora disciplinato
dallart. 7, comma 4, del Codice, applicabile, come si è visto, anche per i
trattamenti per ragioni di giustizia).
Mentre il diritto di ottenere la trasformazione in forma anonima dei propri
dati personali è esercitabile solo in presenza di dati trattati in
violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la
conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti
o successivamente trattati, la facoltà di opporsi in tutto o in parte al
trattamento viene fondata sullesistenza di motivi legittimi al
trattamento dei dati personali, ancorché pertinenti allo scopo della
raccolta[29]. Al riguardo, la direttiva europea 95/46/CE, mentre da un lato
ha chiarito, al Considerando 45, che lopposizione può riguardare anche il
trattamento lecito dei dati personali (ad es. per ragioni di interesse
pubblico o nellesercizio di una funzione pubblica), dallaltro, allart.
14, ha fondato tale diritto su motivi preminenti e legittimi, derivanti
dalla sua situazione particolare. Ed è alla luce di questa precisazione che
la dottrina ha definito lambito di esercizio del diritto di opposizione
nella normativa interna, orientando la protezione dei dati verso una
personalizzazione della tutela che offre lopportunità di modellare case by
case un impianto normativo dettagliato, ma composto pur sempre di principi
generali[30]. La stessa normativa comunitaria invero pone tra i suoi
principi-cardine quello della necessità di un bilanciamento in concreto dei
contrapposti interessi in gioco (art. 7, lettera f, della citata direttiva),
principio espresso nella legislazione interna prima nellart. 20, lettera
h-bis) della legge n. 675 del 1996 a seguito della novella introdotta
dallart. 7, comma 2, del d.lgs. 28 dicembre 2001, n. 467[31], ed ora
nellart. 24, lettera g), del Codice[32]. Si tratterebbe quindi di
contemperare caso per caso il diritto di informare ed essere informati con i
diritti e le libertà fondamentali.
Il richiamo ad una valutazione in concreto degli opposti interessi è stata
tra laltro fatta propria dalla giurisprudenza amministrativa formatasi in
tema di accesso ai dati sensibili: il Consiglio di Stato ha sostenuto che
tale valutazione deve essere fatta in concreto, in modo da evitare il
rischio di soluzioni precostituite poggianti su una astratta scala
gerarchica dei diritti in contesa (Cons. Stato, Sez. VI, 30 marzo 2001, n.
1882 e 9 maggio 2002, n. 2542; Sez. V, 31 dicembre 2003, n. 9276). In
merito, il Garante ha ribadito la necessità che in ogni caso linteressato
specifichi in maniera chiara e comprovi sufficientemente le motivazioni
legittime dellopposizione, non potendosi accogliere una richiesta
generica[33].
In questa direzione sembra muoversi la prima applicazione dellart. 52 del
Codice, ricavabile da una pronuncia della V Sezione civile di questa Corte.
Con decreto 13 gennaio 2005, la Corte[34] ha respinto la richiesta di un
Comune, motivata sul pregiudizio che questultimo avrebbe ricevuto con la
diffusione della sentenza che, in caso di soccombenza, avrebbe confermato
lannullamento di avvisi di accertamento dellICI, paventando il pregiudizio
allazione accertativa dellAmministrazione nei confronti di altri
contribuenti. Nella specie la S.C. ha ritenuto che non poteva configurare un
legittimo motivo linteresse di un ente pubblico ad evitare che i
contribuenti venissero a conoscenza di atti amministrativi illegittimi,
costituendo al contrario una diffusa conoscenza del mancato rispetto da
parte dellamministrazione delle norme che regolano lattività impositiva un
momento irrinunciabile della pretesa dei contribuenti ad un esercizio di
tale attività conforme ai principi di imparzialità e di legalità.
B) In altri casi e siamo al secondo livello di tutela lanonimizzazione
dei dati identificativi avviene in forza di un preventivo apprezzamento del
legislatore. Infatti il comma 5 dellart. 52:
- da un lato fa ricognitivamente salvo quanto previsto dallart. 734-bis del
codice penale relativamente al divieto di divulgazione delle generalità
delle persone offese da atti di violenza sessuale senza il consenso di
costoro;
- dallaltro prevede che, in caso di diffusione di decisioni giudiziarie,
occorre omettere in ogni caso, anche in mancanza della predetta annotazione,
le generalità, altri dati identificativi o altri dati anche relativi a
terzi dai quali può desumersi anche indirettamente lidentità di minori,
oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di
stato delle persone.
Premesso che la tutela della privacy di cui al comma 5 ha contorni più ampi
di quelli che derivano (ai sensi dei commi 1 e 2) per effetto
dellintervento, a richiesta dellinteressato o dufficio, del giudice,
giacché nel primo caso loscuramento concerne non solo le generalità e
altri dati identificativi dellinteressato, ma altresì altri dati anche
relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente lidentità
dellinteressato; i problemi interpretativi che la disposizione del comma 5
pone[35] sono i seguenti:
(a) se il diritto allanonimato che assiste il minore sia temporaneo o
permanente, se cioè riguardi il minore finché egli non avrà raggiunto la
maggiore età ovvero precluda una volta per tutte, per il solo fatto che la
vicenda storicamente riguardava un minore, la diffusione della decisione con
lindicazione delle generalità (e degli altri dati concernenti il minore
stesso o attraverso i quali lo stesso possa essere identificato) anche
quando questi avrà compiuto la maggiore età (in ipotesi raggiunta nel corso
del processo);
(b) se per procedimenti in materia di famiglia, nei quali la garanzia ex
lege dellanonimato è riferita alle sole parti di quei giudizi, si intendano
soltanto quelli in cui si discutono aspetti personali o anche quelli dove
vengono in rilievo aspetti patrimoniali.
Con riguardo alla questione sub (a) sembra preferibile la tesi estensiva. A
ciò inducono più ragioni:
- innanzitutto la ratio della norma. La vicenda giudiziaria che coinvolge a
qualunque titolo un minore (come autore di un reato, ma anche come vittima
di un episodio di malpractice medica o come soggetto interessato in un
procedimento riguardante la potestà genitoriale che si esercita nei suoi
confronti) è, per espressa volontà legislativa, un dato sensibile; il caso
della vita che ne è alla base può essere diffuso per finalità di
informazione giuridica, ma senza che sia possibile ricollegare quel caso
della vita a quel dato minore. Non vè dubbio che in tal modo il legislatore
intende evitare la scoperta del minore ad opera di terzi: il processo di
maturazione del minore potrebbe essere profondamente disturbato e deviato
dal rendere pubblica la sua vicenda, posto che il minore, per maturare
gradualmente e armonicamente e, quindi, per costruire la propria identità,
deve avere intorno a sé silenzio e rispetto. Ma alla regola normativa non è
estranea lidea di evitare che anche lidentità che un soggetto ormai adulto
si è costruita, possa essere messa a repentaglio dalla divulgazione, a
distanza di anni, di un caso della vita che lo riguardava quando era
minorenne;
- un argomento di carattere letterale. Quando il legislatore ha voluto
limitare temporalmente la riservatezza del minorenne, lo ha detto
espressamente. Se ne ha un esempio nellart. 114, comma 6, del codice di
procedura penale, che circoscrive il divieto della pubblicazione delle
generalità e dellimmagine dei minorenni testimoni, persone offese o
danneggiati dal reato fino al momento essi non sono divenuti maggiorenni;
- un argomento di carattere sistematico. Lart. 50 del Codice in materia di
protezione dei dati personali collocato nellambito del medesimo Titolo
(il I, dedicato ai Trattamenti in ambito giudiziario) in cui sono poste le
disposizioni sullinformatica giuridica estende al caso di coinvolgimento
a qualunque titolo del minore in procedimenti giudiziari in materia diverse
da quella penale il divieto, dettato dallart. 13 del d.P.R. 22 settembre
1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico
di imputati minorenni), di pubblicazione e divulgazione con qualsiasi mezzo
di notizie o immagini dirette a consentire lidentificazione del minore. E
con riferimento alla disposizione del processo penale minorile la
dottrina[36] ritiene che il divieto riguardi anche lipotesi in cui il
soggetto abbia raggiunto la maggiore età al momento del processo, sul
rilievo che sarebbe contraddittorio prevedere (in particolare con le norme
che disciplinano il casellario giudiziale) da un lato che al raggiungimento
della maggiore età quasi ogni traccia del coinvolgimento in un procedimento
penale del minore scompaia e dallaltro consentire che venga pubblicizzato
quello stesso fatto che deve rimanere segreto.
Anche con riguardo alla questione sub (b) sembra preferibile la tesi
estensiva, quanto meno in quei casi in cui la controversia patrimoniale
attinente ad un rapporto di famiglia abbia un titolo personale. Nella
vicenda che ha dato luogo alla sentenza della I Sezione civile 7 giugno
2000, n. 7713[37] in tema di risarcimento del danno esistenziale per
lostinato rifiuto, da parte del genitore giudizialmente dichiarato tale, di
contribuire al mantenimento del figlio naturale, la controversia civile,
promossa dal figlio naturale frattanto divenuto maggiorenne, esibiva un
contenuto esclusivamente patrimoniale, e tuttavia aveva come causa petendi
la lesione del diritto fondamentale del figlio naturale ad essere mantenuto
dal proprio genitore (art. 30 Cost. e art. 261 cod. civ., in rapporto
allart. 147 cod. civ.). E così nel caso affrontato dalla recente sentenza,
sempre della I Sezione civile, 10 maggio 2005, n. 9801[38], in tema di
risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del diritto alla
sessualità del partner causato dalla mala fede del marito che, prima della
nozze, non aveva doverosamente informato la futura sposa della grave
anomalia sessuale da cui era affetto. Ancora, nelle cause sulla ripartizione
della pensione di reversibilità tra coniuge superstite e coniuge divorziato,
ai sensi dellart. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (nel testo
sostituito dallart. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74), lindagine del
giudice non è mai limitata soltanto alla verifica del dato estrinseco della
durata dei rispettivi matrimoni, ma ha un ambito più ampio, che va a lambire
il cuore delle relazioni personali: a quel riparto, difatti, non sono
estranei profili di solidarietà familiare, di soccorso verso il soggetto più
debole e di ancoraggio a relazioni personali più complesse. Del resto, la
tesi che vorrebbe restringere la tutela della privacy delle parti ai soli
procedimenti in materia di rapporti personali di famiglia condurrebbe ad
esiti irragionevoli: sarebbero coperti, in caso di diffusione del relativo
provvedimento giurisdizionale, i nomi delle parti in un procedimento di
separazione personale, in ipotesi consensuale, mentre non lo sarebbero i
nomi di quei medesimi coniugi quando uno di essi chieda il mutamento delle
condizioni di separazione, con riguardo allassegno di mantenimento, perché
laltro ha instaurato una relazione more uxorio con un altro soggetto.
5. Modalità e ambito di protezione dei dati sensibili. In particolare, i
rapporti con la libertà di stampa. Lart. 52 del Codice si occupa anche
delle modalità operative attraverso le quali avviene lanonimizzazione dei
dati identificativi degli interessati.
Si è già visto che ove la tutela della privacy sia affidata ad un
intervento, su richiesta o dufficio, del giudice (sono i casi dei commi 1 e
2), questi dispone che sia apposta a cura della cancelleria o segreteria,
sulloriginale della sentenza o del provvedimento, unannotazione volta a
precludere lindicazione delle generalità e di altri dati identificativi in
caso di riproduzione della decisione in qualsiasi forma per finalità di
informazione giuridica.
Il testo del decreto legislativo prevede anche lespressione esatta da
adottare per tale annotazione, comprensiva del riferimento esplicito agli
estremi dellart. 52 del Codice; precisa inoltre (al comma 4) che in caso
di diffusione anche da parte di terzi di sentenze o di altri provvedimenti
recanti lannotazione
, o delle relative massime giuridiche, è omessa
lindicazione delle generalità e degli altri dati identificativi
dellinteressato.
Là dove (ed è lipotesi del comma 5) la tutela dei dati identificativi è ex
lege, il dovere di anonimizzare i dati sensibili identificativi del
soggetto, allorché si proceda alla diffusione del provvedimento
giurisdizionale (o della relativa massima), sorge in ogni caso, anche in
mancanza dellannotazione di cui al comma 2. Tuttavia ciò non toglie che,
ancorché non necessaria, lannotazione disposta giudice sia comunque
opportuna, soprattutto quando ed è il caso della nostra Corte di
cassazione le decisioni sono rese accessibili attraverso il sistema
informativo e il sito istituzionale dellautorità giudiziaria. In mancanza
di annotazione da parte del giudice, infatti, si costringerebbe il personale
che immette la decisione nella rete Internet di verificare ogni volta
(risolvendo i nodi interpretativi di cui supra) se la sentenza o il
provvedimento giurisdizionale riguardi un procedimento concernente minori o,
ancora, un procedimento in materia di rapporti di famiglia.
Lanonimizzazione, che si attua attraverso lapposizione dellannotazione
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati
identificativi di, non incide sulla pubblicazione delloriginale della
sentenza (o di altro provvedimento del giudice), che deve essere completo di
tutti i dati identificativi delle parti. Non sembra pertanto possibile
redigere il testo del provvedimento con le iniziali anziché con le complete
generalità[39].
Il rimedio dellanonimato opera soltanto in caso di successiva divulgazione
della sentenza per finalità di informazione giuridica.
Si pongono, al riguardo, due problemi.
In primo luogo, si tratta di stabilire se il rilascio di copia della
sentenza o di altro provvedimento giurisdizionale in favore di un soggetto
diverso dalla parte del relativo procedimento e non titolare di uno
specifico interesse processuale[40] sia, già, unattività di diffusione
della decisione, e soggiaccia perciò alla disciplina di cautela prevista
dallart. 52 del Codice in materia di protezione dei dati personali.
Al quesito sembra doversi dare risposta negativa. In questa direzione induce
lart. 4, comma 1, lettera m), del Codice, che per diffusione intende il
dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque
forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione. Laddove
il rilascio di copia si appunta sempre in favore di un soggetto determinato
che ne abbia fatto apposita richiesta, il proprium della diffusione consiste
nel rendere conoscibile la decisione del giudice ad una pluralità di
soggetti indeterminati, così divulgandola e propagandola in uno spazio via
via più ampio.
Del resto, una conclusione siffatta ben si coordina con la previsione
contenuta nel comma 4 dellart. 52, secondo cui In caso di diffusione anche
da parte di terzi di sentenze o di altri provvedimenti recanti lannotazione
, o delle relative massime giuridiche, è omessa lindicazione delle
generalità e degli altri dati identificativi dellinteressato. Se anche i
terzi sono destinatari della prescrizione di omettere le generalità in caso
di diffusione, ciò significa che il rilascio al terzo, da parte del
cancelliere, di copia del provvedimento per uso studio non è, esso stesso,
atto del diffondere.
Il secondo problema è se lanonimizzazione delle generalità e di altri dati
identificativi per intervento del giudice, ai sensi dei commi 1 e 2
dellart. 52 del Codice, operi direttamente anche rispetto alla
pubblicazione per finalità di giornalismo o di cronaca giudiziaria.
Anche a questo interrogativo sembra doversi dare una risposta negativa.
Il Codice prevede uno statuto particolare per lattività giornalistica, che
rifugge dalla previsione di regole rigide e minuziose e che affida in prima
battuta il bilanciamento tra i diritti e le libertà allo stesso giornalista
il quale, in base ad una propria valutazione (che può essere sindacata),
acquisisce, seleziona e pubblica i dati utili ad informare la collettività
su fatti di rilevanza generale e d interesse pubblico, esprimendosi nella
cornice della normativa vigente e nel rispetto del proprio codice di
deontologia. Esso stabilisce che chi esercita lattività giornalistica o
altra attività comunque riconducibile alla libera manifestazione del
pensiero (inclusa lespressione artistica e letteraria, come ora precisato
dallart. 136 del Codice) possa trattare dati personali anche prescindendo
dal consenso dellinteressato e, con riferimento ai dati sensibili e
giudiziari, senza una preventiva autorizzazione di legge o del Garante.
In caso di diffusione o di comunicazione di dati, il giornalista è peraltro
tenuto comunque a rispettare alcune condizioni (art. 137, comma 3): i limiti
del diritto di cronaca e, in particolare, quello dellessenzialità
dellinformazione riguardo a fatti di interesse pubblico, e i principi
previsti dal codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali
nellesercizio dellattività giornalistica[41].
In ordine ai dati giudiziari, il codice deontologico (art. 12), a sua volta,
rinvia al principio di essenzialità dellinformazione (art. 5), in modo da
evitare riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai
fatti.
La non diretta operatività allattività giornalistica degli effetti
dellanonimizzazione disposta ai sensi dellart. 52, commi e 2, del Codice
ma, più limitatamente, laffidamento allautonomia e alla responsabilità del
giornalista, nel rispetto della legge e del codice doentologico, dei
risultati di quella ponderazione e di quel bilanciamento sembra ricavarsi
dal parere del Garante 6 maggio 2004 su Privacy e giornalismo. Alcuni
chiarimenti in risposta a quesiti dellOrdine dei giornalisti[42]. Il
Garante ha evidenziato la necessità che lesigenza di assicurare la
trasparenza dellattività giudiziaria e il controllo della collettività sul
modo in cui viene amministrata la giustizia debba comunque bilanciarsi con
alcune garanzie fondamentali riconosciute allindagato e allimputato: la
presunzione di non colpevolezza fino a condanna definitiva, il diritto di
difesa e il diritto ad un giusto processo. In particolare, la diffusione dei
nomi di persone condannate e, in generale, dei destinatari di provvedimenti
giurisdizionali, ad avviso del Garante, deve inquadrarsi nellambito delle
disposizioni processuali vigenti, di regola improntate ad un regime di
tendenziale pubblicità. Di guisa che sono ritenuti pubblicabili, ad esempio,
lidentità, letà, la professione, il capo di imputazione e la condanna
irrogata ad una persona maggiorenne ove risulti la verità dei fatti, la
forma civile dellesposizione e la rilevanza pubblica (anche solo in un
contesto locale) della notizia. Secondo il Garante, nella diffusione dei
dati dei condannati devono essere presi in considerazione il tipo di
soggetti coinvolti (ad esempio, persone con handicap o disturbi psichici, o
ancora, ragazzi molto giovani), il tipo di reato accertato e la particolare
tenuità dello stesso, leventualità che si tratti di condanne scontate da
diversi anni o assistite da particolari benefici (es. quello della non
menzione nel casellario), in ragione dellesigenza di promuovere il
reinserimento sociale del condannato. Le medesime ragioni di tutela dei dati
personali, ad avviso del Garante, dovrebbero altresì prevalere nei casi in
cui la vittima ha manifestato la volontà che i propri dati non siano resi
pubblici (fermo restando il fatto che il giornalista può procedere alla
pubblicazione dei diversi dati anche in assenza del consenso da parte degli
interessati). Tale principio troverebbe, tra laltro, fondamento nella
possibilità, per ogni soggetto interessato, di opporsi anche in anticipo per
motivi legittimi alla pubblicazione (art. 7, comma 4, lettera a, del
Codice). Secondo il Garante, il giornalista, nelleffettuare le valutazioni
a lui rimesse, non potrà non tenere conto del bilanciamento di interessi
effettuato in un altro fronte e cioè che le sentenze pubblicate per finalità
di informatica giuridica (non giornaliste, quindi) dallo stesso ufficio
giudiziario, oppure da riviste giuridiche anche on-line, potranno in alcuni
casi più delicati non recare il nome di taluna delle parti o di terzi
(minore, delicati rapporti di famiglia, ecc.: art. 52 del Codice).
Roma, 5 luglio 2005
Redattori: Ersilia Calvanese e Alberto Giusti
Il direttore aggiunto Il direttore
(Giovanni Canzio) (Stefano Evangelista)
[1] Commissionata dal Primo Presidente con nota del 13 giugno 2005, n.
649/05/SG di protocollo, in riferimento a tre recenti decreti adottati i
primi due dalla sez. II penale e il terzo dalla sez. III penale, che hanno
ordinato loscuramento dei dati identificativi dellimputato nelle relative
sentenze da esse pronunziate.
[2] Così G. Resta, Privacy e processo civile, saggio in corso di
pubblicazione in Diritto dellinformazione e dellinformatica.
[3] Viene definito dalla legge cit. come trattamento qualunque operazione o
complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti
elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la
conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la
selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il
blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione
di dati, anche se non registrati in una banca di dati. In particolare, la
comunicazione si distingue dalla diffusione, a seconda che lattività di
dare conoscenza dei dati personali, in qualunque forma, anche mediante la
loro messa a disposizione o consultazione, riguardi uno o più soggetti
determinati diversi dall'interessato oppure soggetti indeterminati.
[4] Provvedimento del 2 dicembre 1998, in B.U. n. 6, 1998, pag. 97. I
principi dettati dallart. 9 cit. sono stati richiamati dal Garante anche
per i procedimenti svolti dai giudici tributari nel parere richiesto dal
Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (cfr. Comunicato n. 27,
in B.U. n. 11-12, 2000, pag. 100). Nella Relazione dellanno 1999
sullattività svolta e sullo stato di attuazione della legge n. 675 del
1996, il Garante per la protezione dei dati personali ha ribadito
lapplicabilità della legge allattività giudiziaria.
[5] Newsletter del 7 febbraio 2000.
[6] Provvedimento del 27 giugno 2001.
[7] Provvedimento del 5 novembre 2003, in B.U., n. 44, 2003.
[8] Nota del 21 febbraio 2000, in B.U. n. 11-12, 2000, pag. 9.
[9] F. Sorrentino, La protezione dei dati personali nel processo, in
Questione giustizia, 2001, pag. 122 e ss.; Scarano, Commento sub art. 4 l.
675/1996, in AA.VV, Tutela della privacy, in Nuove leggi civ. comm., 1999,
n.2-3, p. 289. In senso contrario si pone lopinione espressa da Buttarelli,
Banche dati e tutela della riservatezza, Milano, 1997, p. 209, secondo cui
il riferimento agli uffici giudiziari era tale da ricomprendere la
giurisdizione ordinaria (civile e penale) e quella amministrativa e
tributaria. Secondo quanto rileva Sorrentino, op. loc. cit,, peraltro gli
esempi richiamati dallA. da ultimo cit. riguarderebbero attività non
propriamente processuali o giudiziarie, quali la emanazione degli atti
amministrativi in forma automatizzata, la tenuta automatizzata dei
registri, la microfilmatura di atti, il circuito informatizzato tra
uffici giudiziari, CSM, e uffici del Ministero per consentire una verifica
costante, in tempo reale della produttività dei singoli magistrati, ovvero
la comunicazione di dati giudiziari o i limiti della loro divulgazione (con
riferimento a supporti informativi o telematici, intercettazioni, riprese
televisive).
[10] A titolo esemplificativo venivano indicate le attività di coordinamento
di tipo amministrativo o organizzativo svolta dal Procuratore nazionale
antimafia, le attività disciplinate dallordinamento penitenziario relative
a detenuti, le attività ispettive sugli uffici giudiziari relative a
magistrati o connesse a procedimenti giudiziari.
[11] Cfr. Sorrentino, op. loc. cit., pag. 12.
[12] Newsletter n. 170 del 5 maggio 2003.
[13] Tra laltro, lart. 3, par. 2 della direttiva 95/46/CE sulla protezione
dei dati personali aveva escluso dalla sua applicabilità i trattamenti di
dati personali effettuati per l'esercizio di attività dello Stato in materia
di diritto penale.
[14] Sul tema, cfr. lampio approfondimento di F. Sorrentino, E arrivato il
codice della privacy (con molti dubbi di costituzionalità). Limiti e
problemi nel controllo sullautorità giudiziaria, in Diritto e giustizia,
2003, n. 41, p. 101.
[15] Newsletter n. 255 del 9 maggio 2005.
[16] Relazione annuale 2003, pag. 76.
[17] In termini generali invece lart. 11, comma 2, del Codice stabilisce
che i dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in
materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati.
[18] Newsletter del 7 febbraio 2000. Provvedimenti del Garante del 21
ottobre 1998, in B.U. n. 6, 1998, pag. 80; 30 ottobre 2001, in B.U. n. 23,
2001, pag. 22. In ordine alla pubblicità dei ruoli affissi ex art. 116 disp.
att. cod. proc. civ., cfr. anche delibera del CSM del 16 luglio 2003,
secondo cui questi non devono necessariamente contenere i nomi delle parti e
loggetto delle controversie, ritenendosi sufficiente lindicazione del solo
numero di registro generale.
[19] Decisione del 19 dicembre 2001. In senso conforme, v. anche le
decisioni del 14 ottobre 1997, in B.U. n. 2, 1997, pag. 69 ss.
[20] Autorizzazione n. 7/2004 al trattamento dei dati a carattere
giudiziario da parte di privati, di enti pubblici economici e di soggetti
pubblici (G.U. n. 190 del 14 agosto 2004).
[21] Ciò che potrà consentire, ad esempio, allavvocato munito di apposita
smart card di riconoscimento (e relativa firma digitale) laccesso on line
al fascicolo della propria causa. Cfr., sulla stampa quotidiana, larticolo
dal titolo Cassazione in studio. Per gli abilitati davanti alla Corte
consultazione telematica da gennaio, apparso su Il Sole 24 ore del 30
gennaio 2004.
[22] Cfr. Trib. Roma 27 novembre 1998, in Foro it., 1999, I, 313, il quale
ha affermato che le attuali disposizioni processuali non consentono di
redigere latto introduttivo di una controversia o di intervento
menzionando soltanto le iniziali dellinteressato.
[23] E quindi - prima del formale deposito in cancelleria del provvedimento
del giudice.
[24] Così Maietta, I trattamenti in ambito giudiziario, da parte delle forze
di polizia e per la difesa e la sicurezza dello Stato, in Cardarelli Sica
Zeno Zencovich, Il codice dei dati personali. Temi e problemi, Milano,
2004, pagg. 188-189.
[25] Testualmente, Resta, op. cit.
[26] Faganello, Il diritto alla protezione dei dati personali, Rimini, 2004,
pag. 394.
[27] Ancora Resta, op. cit.
[28] Traduzione nostra: I ricorrenti che non desiderano che la loro
identità sia resa accessibile al pubblico devono indicarlo e devono
presentare una dichiarazione delle ragioni giustificatrici di una tale
deviazione dalla regola normale di pubblico accesso allinformazione nei
procedimenti dinanzi alla Corte. Il Presidente del Collegio può autorizzare
lanonimato soltanto in casi eccezionali e debitamente motivati.
[29] Una interpretazione restrittiva è fatta propria da Bottino, Codice
della privacy, Milano, 2004, pag. 83, secondo il quale motivi legittimi ai
fini dellart. 7, comma 4, del Codice debbono intendersi motivazioni atte a
dimostrare che i dati sono stati trattati in violazione delle norme che
presiedono il trattamento ed utilizzo dei dati poste dallo stesso Codice,
ancorché sia legittima la finalità della raccolta.
[30] In particolare, Buttarelli, op. loc. cit, pag. 313 e ss.; Simeoli, Il
diritto alla protezione dei dati personali, Rimini, 2004, pag. 288, secondo
cui il mero interesse a non comparire in una banca dati non sarebbe
sufficiente per opporsi al trattamento; Bassoli, Codice in materia di
protezione dei dati personali, Milano, 2004, pag. 67.
[31] La comunicazione e la diffusione dei dati personali da parte di privati
e di enti pubblici economici sono ammesse .... h-bis) limitatamente alla
comunicazione, quando questa sia necessaria, nei casi individuati dal
Garante sulla base dei principi sanciti dalla legge, per perseguire un
legittimo interesse del titolare o di un terzo destinatario dei dati,
qualora non prevalgano i diritti e le libertà fondamentali, la dignità o un
legittimo interesse dellinteressato.
[32] Il consenso non è richiesto, oltre che nei casi previsti nella Parte
II, quando il trattamento:... con esclusione della diffusione, è necessario,
nei casi individuati dal Garante sulla base dei principi sanciti dalla
legge, per perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo
destinatario dei dati, anche in riferimento all'attività di gruppi bancari e
di società controllate o collegate, qualora non prevalgano i diritti e le
libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell'interessato.
[33] Provvedimento del 27 febbraio 2001.
[34] Pres. Riggio est. Altieri, sullistanza proposta dal ricorrente
Comune di Bagno a Ripoli nel procedimento dallo stesso promosso contro
Poggioli Renzo (ed iscritto al N.R.G. 26436 del 2003).
[35] E che non sembrano essere stati affrontati dai primi commentatori. Si
vedano, al riguardo: Giusella Finocchiaro, Sentenze: possibile loscuramento
delle parti, in Il Codice della privacy, Guida al diritto, fascicolo
monografico, settembre 2003, pag. 127 e ss.; Cassano Fadda (a cura di ),
Codice in materia di protezione dei dati personali, Milano, 2004, pag. 297 e
ss.; Elli Zallone, Il nuovo Codice della privacy (commento al d.lgs. 30
giugno 2003, n. 196), Torino, 2004, 73 de ss.; Oleari, in Codice della
privacy a cura di Italia, Milano, 2004, I, pag. 755 e ss.; Roberto e
Riccardo Imperiali, Codice della privacy, Milano, 2004, pag. 272 e ss.
[36] Cfr. Battistacci, Il processo minorile, in Le riforme complementari,
coordinato da G. Fumu, Padova, 1991, pag. 20; Cibinel, sub art. 13 disp.
proc. min., in EspGMin, 1989, pagg. 104-105.
[37] Est. Morelli.
[38] Est. Luccioli.
[39] Cfr. A. Cia(ncarella), Ma mi faccia la privacy. La Corte condanna A.F.,
in Finanza & Mercati, 28 giugno 2005.
[40] Titolarità di uno specifico interesse che, ad esempio, potrebbe
ravvisarsi nel terzo che voglia promuovere lopposizione ai sensi dellart.
404 cod. proc. civ.
[41] Il relativo codice deontologico è stato adottato con provvedimento del
Garante del 29 luglio 1998, all. A1 al Codice.
[42] Il parere è consultabile in <http://www.garanteprivacy.it/>
www.garanteprivacy.it
Avv. Barbara Gualtieri
-------------- next part --------------
An HTML attachment was scrubbed...
URL: <http://lists.winstonsmith.org/pipermail/e-privacy/attachments/20050711/d1e94d57/attachment.htm>
More information about the E-privacy
mailing list