[e-privacy] S..Rodotà, Intervista su privacy e libertà - abstract

Fabio Pietrosanti fabio at pietrosanti.it
Sat Aug 20 23:47:58 CEST 2005


S..Rodotà, Intervista su privacy e libertà, a cura di P.Conti, Laterza,
Roma-Bari, 2005,pp. 153, euro 10.

 

“Marc Bloch , nel suo saggio La società feudale, ricorda  che nel
Medioevo  la riservatezza era possibile solo per i monaci o per i
banditi”, osserva Rodotà in una delle risposte conclusive alla
intervista rilasciata a Paolo Conti. Una intervista che si può leggere,
al tempo stesso, come un bilancio della attività svolta nella sua
qualità di Presidente dell’ Ufficio del Garante dei dati personali, come
un saggio sulla nozione di privacy e come un manifesto delle libertà
individuali nell’epoca della globalizzazione della informazione.Perché
l’affermazione di Bloch è importante? Perché, a differenza dell’epoca
medievale, nella nostra epoca  il controllo sociale della comunità non è
più appannaggio  dei parenti, degli amici, dei vicini o dei superiori;
il piccolo villaggio è diventato davvero il villaggio globale, e il
controllo è effettuato   dalle imprese che comprano e vendono
informazioni, dagli enti pubblici che schedano i cittadini, e da quanti
– a buon diritto, ma più spesso a torto – considerano i dati personali
altrui come una risorsa disponibile.

 

  “Privacy” vuol dire  molte cose. Il suo significato è cambiato nel
corso del suo secolo di vita e si è  arricchito  via via in
corrispondenza alla maturazione della coscienza sociale e alla
diffusione dei diritti civili. Certo, le sue origini peccano di una
connotazione di classe: solo i borghesi come  un grande avvocato di
Boston, Samuel Warren e un colto giudice , Louis Brandeis, potevano
pensare che la curiosità dei giornalisti dovesse arrestarsi sull’uscio
di casa e che al singolo si dovesse garantire una dimensione di intimità
come si garantiva la sua proprietà immobiliare dalle intrusioni dei
lestofanti. Ma  da allora la privacy ha cambiato volto, non ha più una
dimensione “proprietaria” e non  è più sinonimo di solitudine, ma di
tranquillità e poi, soprattutto, di libertà. Faulkner  era così
ossessionato dalle violazioni della sua privacy da pensare che il
tramonto della riservatezza fosse un indizio  inequivoco del tramonto
del sogno americano ( Privacy.Il sogno americano: che ne è stato?,
Milano, 2003). Faulkner metteva il dito su un’altra piaga: la
riservatezza delle persone note. Ma le sue belle pagine – già ristampate
nell’edizione diffusa proprio  dal Garante nel 2001- descrivevano senza
pietà la scarnificazione della persona prodotta dai mass media.

 

 La privacy , almeno dalla metà degli anni Cinquanta, acquista un
risvolto sociale . Qualche anno dopo – sono gli anni in cui in Italia si
dà corpo al “diritto alla riservatezza” – viene utilizzata come limite
alla libertà di cronaca; e qualche anno dopo ancora viene accostata al
“diritto alla identità personale”, il diritto ad essere rappresentati
nei valori e  nelle convinzioni in cui si crede,  nel modo di essere che
corrisponde a ciò che è voluto dal diretto interessato  . Privacy è
dunque nozione/diritto legata alla identità  della persona. Non è
affatto un concetto uniforme, e costituisce un “bene essenziale del
cittadino di oggi”. L’espressione  di cittadino non è utilizzata a caso:
nel vocabolario che abbiamo imparato dai saggi di Rodotà “cittadino” è
la persona che gode di diritti e di doveri, di interessi protetti,
soprattutto di libertà non solo formali; è l’espressione della
“cittadinanza” costruita da Th.Marshall nel 1949, che fa riferimento
alle libertà fondamentali, ai servizi sociali essenziali, al livello
minimo di sopravvivenza confortevole in una comunità. Privacy significa,
nella sua dimensione relativa alla raccolta di dati, “ diritto di poter
controllare  tutte le informazioni personali  raccolte da altri” con
finalità legittime. Significa anche esattezza dei dati, con il relativo
diritto a correggerli, integrarli, aggiornarli, oppure a cancellarli
quando essi siano diventati obsoleti. Si tratta di diritti che la stessa
Carta di Nizza (artt. 7 e 8) e ora la Costituzione europea garantiscono
con chiarezza. 

 

Con un’immagine   efficace Rodotà dipinge il “secondo corpo”della
persona , che non è il corpo mistico del Re, ma il corpo informatico che
convive con il  corpo fisico di ciascuno di noi, senza differenze di
appartenenza sociale, di livello culturale, di abitudini di vita. E’ un
corpo che non ci siamo scelti, ma di cui siamo rivestiti grazie alla
rete di informazioni annodata  dalle nostre tracce informatiche. 

 

            L’esperienza italiana, che lo stesso Garante ha contribuito
a edificare, è ricca di valori ma anche di insidie. C’è voluto tempo
perché le nuove dimensioni della privacy potessero accreditarsi. Il
Garante ha portato ordine, orientamenti, semplificazioni. Anche se la
società italiana sembra ormai  affetta da strabismo: mentre  prende
coscienza di questo grande bene indulge   al voyeurismo televisivo. Il
Grande Fratello, da monito orwelliano, si è trasformato in uno
spettacolo di cassetta!

 

Quando però il sistema cominciava a funzionare, ricevendo approvazione e
consensi – numerosi sono gli esempi che Rodotà offre in questa gustosa
ricostruzione della cronistoria della privacy in Italia – è arrivato l’
“11 settembre” , e poi  il terrorismo in Spagna, nel Regno Unito e in
altri Paesi occidentali. Qui l’alternativa è drastica, come si è avuto
modo di verificare anche nel recente dibattito in Parlamento. La
sicurezza implica solo restrizioni alle libertà, o si può  individuare
un percorso intermedio? La risposta del Parlamento italiano è stata la
seconda. Non possiamo – da occidentali  - piegarci al terrorismo e
rinunciare ai nostri diritti, mentre possiamo cooperare per poter
sopportare qualche limitazione funzionale alla prevenzione del crimine.
Trattandosi però di nostri diritti, occorre consapevolezza critica,
dialogo, discussione: insomma occorre essere partecipi di scelte che
toccano le nostre libertà. Ecco perché l’endidadi del titolo potrebbe
essere tramutata in un asserto: privacy è libertà.




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