[e-privacy] 23/7/02 - messaggio de P.d.R. alle Camere su pluralismo e imparzialità dell' informazione

Avv. Barbara Gualtieri barbaragualtieri at libero.it
Wed Jul 24 13:20:58 CEST 2002


MESSAGGIO ALLE CAMERE DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN MATERIA DI PLURALISMO E IMPARZIALITA' DELL'INFORMAZIONE

Palazzo del Quirinale, 23 luglio 2002



Onorevoli Parlamentari,

la garanzia del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione costituisce
strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta; si
tratta di una necessità avvertita dalle forze politiche, dal mondo della
cultura, dalla società civile.

Il principio fondamentale del pluralismo, sancito dalla Costituzione e dalle
norme dell'Unione Europea, è accolto in leggi dello Stato e sviluppato in
importanti sentenze della Corte Costituzionale.

Il tema investe l'intero sistema delle comunicazioni, dalla stampa
quotidiana e periodica alla radiotelediffusione e richiede un'attenta
riflessione sugli apparati di comunicazione anche alla luce delle più
recenti innovazioni tecnologiche e della conseguente diffusione del sistema
digitale. Il mondo appare sempre più un insieme di mezzi e di reti
interconnesse, che abbracciano l'editoria giornalistica, la
radiotelevisione, le telecomunicazioni.

Per quanto riguarda il settore della stampa, la legge 5 agosto 1981, n. 416,
fissa limiti precisi alle concentrazioni e detta norme puntuali per la loro
eliminazione ove esse vengano a costituirsi. Secondo i dati forniti dal
Presidente della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella sua
Relazione annuale sull'attività svolta, presentata il 12 luglio scorso, i
limiti posti dalla legge alle concentrazioni in materia di stampa risultano
rispettati.

Per quanto concerne l'emittenza televisiva, dopo la sentenza n. 826 del
1988, nella quale la Corte Costituzionale affermava che il pluralismo "non
potrebbe in ogni caso considerarsi realizzato dal concorso tra un polo
pubblico e un polo privato", il Parlamento approvò la legge 6 agosto 1990,
n. 223, per disciplinare il sistema radiotelevisivo pubblico e privato. Si
tratta della prima legge organica che, nel suo articolo 1, dopo aver
affermato il preminente interesse generale della diffusione di programmi
radiofonici e televisivi, definisce i principi fondamentali del sistema: "il
pluralismo, l'obiettività, la completezza e l'imparzialità
dell'informazione, l'apertura alle diverse opinioni, tendenze politiche,
sociali, culturali e religiose, nel rispetto della libertà e dei diritti
garantiti dalla Costituzione".

La successiva legge 31 luglio 1997, n. 249, ha istituito l'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni e ha dettato norme con le quali ha precorso,
con lungimiranza, il tema della cosiddetta "convergenza multimediale", tra
telecomunicazioni e radiotelevisione, attribuendo all'Autorità indipendente
competenza su entrambi i settori.

Dato essenziale della normativa in vigore è il divieto di posizioni
dominanti, considerate di per sé ostacoli oggettivi all'effettivo esplicarsi
del pluralismo.

La giurisprudenza costituzionale, sviluppatasi nell'arco di un quarto di
secolo, ha trovato la sua sintesi nella sentenza n. 420 del 1994, nella
quale la Corte ha richiamato il vincolo, imposto dalla Costituzione al
legislatore, di assicurare il pluralismo delle voci, espressione della
libera manifestazione del pensiero, e di garantire, in tal modo, il
fondamentale diritto del cittadino all'informazione.

Questi principi hanno avuto conferma nell'aprile scorso nella sentenza n.
155 del 2002 della stessa Corte che, richiamando i punti essenziali delle
precedenti decisioni, ha ribadito l'imperativo costituzionale, secondo cui
il diritto di informazione garantito dall'art. 21 della Costituzione deve
essere "qualificato e caratterizzato, tra l'altro, sia dal pluralismo delle
fonti cui attingere conoscenze e notizie - così da porre il cittadino in
condizione di compiere le proprie valutazioni avendo presenti punti di vista
e orientamenti culturali e politici differenti - sia dall'obiettività e
dall'imparzialità dei dati forniti, sia infine dalla completezza, dalla
correttezza e dalla continuità dell'attività di informazione erogata".

Tale sentenza è particolarmente significativa là dove pone in rilievo che la
sola presenza dell'emittenza privata (cosiddetto pluralismo "esterno") non è
sufficiente a garantire la completezza e l'obiettività della comunicazione
politica, ove non concorrano ulteriori misure "sostanzialmente ispirate al
principio della parità di accesso delle forze politiche" (cosiddetto
pluralismo "interno").

I principi e i valori del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione
nel settore delle comunicazioni elettroniche sono stati richiamati e hanno
trovato sistemazione organica in quattro recenti Direttive del Parlamento
Europeo e del Consiglio dell'Unione Europea, che dovranno essere recepite
dai Paesi membri entro il luglio del 2003. Il contenuto di queste Direttive
è in sintonia con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea che,
nel secondo comma dell'articolo 11, sancisce espressamente il rispetto del
pluralismo e la libertà dei media.

Nelle premesse di tali Direttive sono indicate le finalità di una politica
comune europea in materia di informazione. Viene, in particolare, definito
il concetto di libertà di espressione, precisando che questa "comprende la
libertà di opinione e la libertà di trasmettere informazioni e idee, nonché
la libertà dei mezzi di comunicazione di massa e il loro pluralismo".

In particolare, nella Direttiva denominata "Direttiva quadro": - viene
specificato che "la politica audiovisiva e la regolamentazione dei contenuti
perseguono obiettivi di interesse generale, quali la libertà di espressione,
il pluralismo dei mezzi di informazione, l'imparzialità, la diversità
culturale e linguistica, l'inclusione sociale, la protezione dei consumatori
e la tutela dei minori"; - si fa obbligo agli Stati membri di "garantire
l'indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione in modo da
assicurare l'imparzialità delle loro decisioni"; - è riservato grande spazio
all'assetto del mercato e all'esigenza di assicurare un regime
concorrenziale.

* * *

Nel volgere di pochi anni anche l'Italia disporrà delle nuove possibilità
che l'evoluzione della tecnologia mette a disposizione dell'emittenza
radiotelevisiva. Questo sviluppo produrrà un allargamento delle occasioni di
mercato e rappresenterà un freno alla costituzione o al rafforzamento di
posizioni dominanti, pur nella necessaria considerazione delle dimensioni
richieste dalle esigenze della competizione nell'ambito del più ampio
mercato europeo e mondiale.

La legge 30 marzo 2001, n. 66, prevede, in proposito, che "le trasmissioni
televisive dei programmi e dei servizi multimediali su frequenze terrestri
devono essere irradiate esclusivamente in tecnica digitale entro l'anno
2006".

E, tuttavia, il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione non potranno
essere conseguenza automatica del progresso tecnologico. Saranno, quindi,
necessarie nuove politiche pubbliche per guidare questo imponente processo
di trasformazione. E' questo un problema comune a tutti i paesi europei,
oggetto di vivaci dibattiti e di proposte innovative.



* * *


Onorevoli Parlamentari,

la prospettiva della nuova realtà tecnologica, il quadro normativo offerto
dalle recenti Direttive comunitarie e le chiare indicazioni della Corte
Costituzionale richiedono l'emanazione di una legge di sistema, intesa a
regolare l'intera materia delle comunicazioni, delle radiotelediffusioni,
dell'editoria di giornali e periodici e dei rapporti tra questi mezzi.

Nel redigere tale legge occorrerà tenere presente, per quanto riguarda la
radiotelevisione, il ruolo centrale del servizio pubblico. Il trattato di
Amsterdam, che vincola tutti i paesi dell'Unione Europea, muove dal
presupposto "che il sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri è
direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di
ogni società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di
comunicazione".

Nell'atteso testo normativo dovrà trovare coerente sistemazione la
disciplina della tutela dei minori, troppo spesso non tenuta nella dovuta
considerazione nelle programmazioni delle emittenti televisive.

E' fondamentale, inoltre, che la nuova legge sia conforme al Titolo V della
Costituzione, che all'articolo 117 ha assegnato alle Regioni un preciso
ruolo nella comunicazione, considerando questa materia ricompresa nella
legislazione concorrente insieme a quella della promozione e
dell'organizzazione di attività culturali, che ne costituisce un logico
corollario. Secondo la riforma costituzionale, spetta allo Stato di
determinare i principi fondamentali in dette materie, mentre alle Regioni è
conferito il compito di sviluppare una legislazione che valorizzi il
criterio dell'articolazione territoriale della comunicazione come
espressione delle identità e delle culture locali.

Nella definizione di tali principi fondamentali, lo Stato svolge la sua
essenziale funzione di salvaguardia dell'unità della Nazione e della
identità culturale italiana. Essi costituiscono la più valida cornice, entro
la quale trova esplicazione il pluralismo culturale, ricchezza inestimabile
del nostro Paese, sorgente di libera formazione della pubblica opinione.

La cultura - questo è mio convincimento profondo - è il fulcro della nostra
identità nazionale; identità che ha le sue radici nella formazione della
lingua italiana e che, negli ultimi due secoli, si è sviluppata in una
continuità di ideali e di valori dal Risorgimento alla Resistenza, alla
Costituzione repubblicana.

Nel preparare la nuova legge, va considerato che il pluralismo e
l'imparzialità dell'informazione, così come lo spazio da riservare nei mezzi
di comunicazione alla dialettica delle opinioni, sono fattori indispensabili
di bilanciamento dei diritti della maggioranza e dell'opposizione: questo
tanto più in un sistema come quello italiano, passato dopo mezzo secolo di
rappresentanza proporzionale alla scelta maggioritaria.

Quando si parla di "statuto" delle opposizioni e delle minoranze in un
sistema maggioritario, le soluzioni più efficaci vanno ricercate anzitutto
nel quadro di un adeguato assetto della comunicazione, che consenta
l'equilibrio dei flussi di informazione e di opinione.

Anche a tal fine, la vigilanza del Parlamento, in coordinamento con
l'Autorità di garanzia, potrebbe estendersi all'intero circuito mediatico,
pubblico e privato, allo scopo di rendere uniforme ed omogeneo il principio
della "par condicio".

Parametri di ogni riforma devono, in ogni caso, essere i concetti di
pluralismo e di imparzialità, diretti alla formazione di una opinione
pubblica critica e consapevole, in grado di esercitare responsabilmente i
diritti della cittadinanza democratica.



* * *



Riassumo le considerazioni fin qui svolte, dalle quali emergono alcuni
obiettivi essenziali: - specificazione normativa - tenendo conto delle
variazioni introdotte dalle innovazioni tecnologiche in continua
evoluzione - dei principi contenuti nella legislazione vigente e nella
giurisprudenza della Corte Costituzionale; - attuazione delle Direttive
comunitarie che l'Italia dovrà recepire entro il luglio del 2003; -
definizione di un quadro normativo per l'attivazione della competenza
concorrente delle Regioni nel settore delle comunicazioni, secondo quanto
previsto dall'articolo 117 del nuovo Titolo V della Costituzione; -
perseguimento dello scopo fondamentale di meglio garantire, attraverso il
pluralismo e l'imparzialità dell'informazione, i diritti fondamentali
dell'opposizione e delle minoranze.


Onorevoli Parlamentari,

ho voluto sottoporre ai rappresentanti eletti della Nazione queste
riflessioni, perché avverto che sta a noi tutti provvedere per il presente
e, al tempo stesso, guardare al futuro, prefigurando e preparando con
lungimiranza un sistema di valori e di regole che salvaguardi e sostenga la
vita e l'azione delle nuove generazioni.

Lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e delle reti di comunicazione
è qualcosa di più di un avanzamento tecnico: configura un salto di qualità;
muta il contesto nel quale si esplica la vita culturale e politica dei
popoli; apre straordinarie possibilità di conoscenza, di nuovi servizi, di
partecipazione, di crescita individuale e collettiva.

Dobbiamo vivere questo momento di transizione con consapevolezza e fiducia.
Un processo di innovazione affidato alle forze della società, promosso e
accompagnato dall'azione pubblica in una appropriata cornice normativa, è la
base per una nuova stagione di sviluppo morale e materiale della Nazione.

E' questa una sfida che coinvolge tutte le istituzioni: saper tradurre
l'innovazione in una grande opportunità di formazione per i cittadini.



* * *



Non c'è democrazia senza pluralismo e imparzialità dell'informazione: sono
fiducioso che l'azione del Parlamento saprà convergere verso la
realizzazione piena di questo principio.









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