[e-privacy] FreedomBox, RoseBox, PrivacyBox

Marco A. Calamari marcoc1 a dada.it
Ven 4 Mar 2011 10:19:40 CET


Un articolo storico sulle varie xxxBox, inclusa
 quella nostra ... e che pone il problema del
 "cosa facciamo?" o meglio "facciamo qualcosa?".

<http://punto-informatico.it/3102645/PI/Commenti/cassandra-crossing-freedombox-rosebox-privacybox-dintorni.aspx>

Roma - È di questi giorni la notizia che il professor Eben Moglen,
notissimo paladino del Software Libero ha annunciato la costituzione di
una fondazione, FreedomBox Foundation ed il lancio di una campagna di
finanziamenti ad essa dedicata. Contemporaneamente, sul Wiki di Debian,
è stato annunciato un nuovo progetto Debian per la realizzazione di un
ambiente operativo Debian-based per l'hardware delle FreedomBox.

Ma in cosa consiste il progetto FreedomBox e a quali necessità risponde?
Per capire meglio bisogna fare diversi passi indietro, fino al lontano
2005 quando il Progetto Winston Smith, al grido di "Vogliamo scatole,
non programmi", lanciò il progetto PrivacyBox (Pbox) e la maillist
dedicata.

Il concetto, figlio di quei tempi, era che se da una parte le
applicazioni per la difesa della privacy esistevano, dall'altra erano di
configurazione non banale, e richiedevano, per essere efficaci ed utili
sia al possessore che alla comunità, che la macchina su cui giravano
stesse accesa giorno e notte. Un PC acceso a quei tempi costava dai 100
ai 200 euro all'anno, per tacer dei rumori notturni che ne rendevano da
soli spesso improponibile il lasciarlo sempre acceso nella maggior parte
delle abitazioni.
Esistevano già allora motherboard a bassissimo consumo senza ventola,
audio e video, che consumavano dai 5 ai 9 watt, cioè meno di un decimo
di un PC, e che potevano far girare tranquillamente Linux.
Il difetto era che costavano circa 300 euro e non erano quindi alla
portata del pubblico in generale. Erano però ancora disponibili gli
ultimi esemplari di Microsoft Xbox, anche loro PC Intel che potevano far
girare varianti della distribuzione Linux Debian, e che potevano
trovarsi anche al prezzo di 80 euro.
Detto fatto, il primo modello di PrivacyBox fu realizzato moddando una
Xbox, caricandoci Xebian, ed installandovi le varie Privacy Enhancing
Technologies (Mixmaster, Mixminion, Freenet, Tor) in versione sia server
che client, e configurando il sistema per funzionare come server web,
server di posta, firewall e router per modem ADSL ethernet.

Risultato: una Pbox Level I bella, anzi coreografica, economica,
perfettamente funzionale ma... la Xbox era un PC, consumava quanto un PC
e faceva rumore quanto e più di un PC con la ventola scassata.

Pbox Level I


Si passò quindi alla realizzazione della Pbox Level II, stessa
configurazione software ma hardware professional-grade (e
professional-priced) Soekris 4501. Una scatoletta grande quanto un libro
in edizione economica, totalmente silenziosa (la tenevo sul comodino di
camera) su cui girava una Debian 386 da memoria flash. Era così robusta
che poteva esser lasciata cadere per terra mentre era in funzione senza
nessun problema.

Pbox Level II


Da lì una successione di modelli sempre più potenti ma sempre costosi,
fino ad arrivare alla Pbox level V. Che doveva essere alimentabile a
batteria, funzionare da access point ed implementare anche le allora
nascenti reti mesh, cioè reti P2P formate da molte Pbox che agivano tra
di loro da rete potendo così rendersi indipendenti (entro certi limiti)
dai collegamenti ADSL.

Pbox level V


Ma come spesso succede ai progetti italiani, il progetto Pbox esaurì
energie (e soldi) e di lui restano solo una dozzina di Pbox sparse per
il mondo (alcune delle quali funzionano ininterrottamente da più di 5
anni).

Qualche anno dopo, per l'esattezza nel 2009, Agorà Digitale,
associazione telematica della "Galassia Radicale" riprende il progetto
Pbox, ribattezzandolo RoseBox e proponendosi di realizzare un hardware
dedicato a basso costo, ed una interfaccia utente semplicissima ed
amichevole, per rendere l'oggetto alla portata di tutti. Il progetto si
arenò purtroppo dopo poco più di un anno per mancanza di energie e
fondi: progettare, prototipare e realizzare un hardware dedicato non è
cosa da poco, anche con i moderni mezzi di produzione elettronica di
piccola serie (Arduino docet).

Ed arriviamo all'inizio di quest'anno. Riscoprendo il concetto che
disporre di un computer silenzioso, economico, piccolo che girasse PET,
agisse da firewall e partecipasse a reti mesh sembrava cosa buona,
giusta e potenzialmente rivoluzionaria, nel senso che rendeva almeno
parzialmente indipendenti i suoi possessori dai collegamenti ADSL, Eben
Moglen affronta il problema "all'americana", cioè in maniera non
artigianale ma "industriale", con ottima risonanza mediatica e di
partecipazione.

Il progetto FreedomBox è ancora in fase preliminare, ma si strutturerà
in due parti principali. La prima dovrebbe essere dedicata alla
realizzazione di un hardware general purpose, a basso consumo ed
headless, dotato di interfaccia WiFi, forse 3G e di costo economico
(50-100 euro). Potrebbe essere grande quanto un alimentatore di quelli
che tutti abbiamo a dozzine a casa.

La seconda dovrebbe essere la realizzazione di un sistema operativo
personalizzato con le applicazioni PET necessarie e dotato di
configuratori automatici.

In questo modo la FreedomBox risultante dalla loro unione dovrebbe
essere quello che i tecnici chiamano "appliance", cioè un sistema
informatico che il cliente compra, installa e vede come se fosse una
scatola, senza cose da configurare o da controllare. Una presa di
corrente (o alcune batterie) e via, proprio come i moderni modem/router
ADSL (che sono infatti oggetti di questo tipo).

Quindi di nuovo "Vogliamo scatole, non programmi". Speriamo che il
professor Moglen e la FreedomBox Foundation abbiano successo nel far
materializzare per la prima volta su scala industriale questo piccolo ed
antico sogno, rendendolo davvero alla portata di tutti.

E chi ci credesse, ed avesse tempo e voglia... Sapete che si può
partecipare?


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