[e-privacy] Ecco l'ombra che ci fa paura
Anonymous via Panta Rhei
anonymous at panta-rhei.eu.org
Thu Jun 26 16:55:06 CEST 2008
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=4758&ID_sezione=38&sezione=News
Non la vediamo e ancora non ci pesa sulle spalle, ma
la nostra «ombra digitale» cresce a dismisura e forse
dovremo cominciare a preoccuparci. L'ultimo numero di
"Focus" lancia questa inquietante ipotesi sui dati
digitali che ognuno di noi produce attivamente e
passivamente ogni giorno. Quello dell'"ombra digitale",
che si allunga sempre più al nostro passaggio,
naturalmente, è un peso non esprimibile in termini di
materia solida, ma potrebbe diventare faticosissimo da
sopportare ugualmente. L'ombra in questione si alimenta
dei dati digitali che vengono registrati su di noi quando
telefoniamo, mandiamo una mail, compiamo una transazione
economica. Non solo, ma ogni frammento di nostra vita
reale che viene digitalizzato da una telecamera,
telefonino, videocamera di sorveglianza è un ulteriore
alimento per l'ombra, che cresce, cresce e diventa sempre
meno controllabile con le nostre sole forze. In media,
ogni essere umano deve sopportare 45 gigabyte di dati.
Ma in Occidente è anche peggio. Quando da noi nasce un
bambino, solo i filmetti che si girano in famiglia
appoggiano su quelle tenere spallucce di neonato i primi
250 gigabyte di "ombra digitale". La ricerca non ne fa
cenno, ma per molti la storia inizia ancora prima con i
video delle ecografie che girano tra amici, magari via
You-Tube, per stabilire somiglianze e impronte genetiche.
Per dare una rappresentazione ai dati digitali prodotti
ora nel mondo si immagini che riempirebbero 12 pile di
libri alte quanto la distanza tra la Terra e il Sole,
(o una pila di libri alta come due volte la lunghezza
dell'orbita terrestre) e si prevede che a questi ritmi
di crescita, per il 2011, la pila coprirà due volte la
distanza tra il Sole e Plutone, una cosa come 6 miliardi
di km.
Non esiste una Babele burocratica immaginabile dalla mente
umana paragonabile al mostro impalpabile "universo
digitale", miliardi di informazioni di cui la gran parte
noi nemmeno si immagina di generare. Prendiamo un'azione
banale come l'invio di un'email, che pesa 1 megabyte, se
è priva di grossi allegati: è un peso digitale che sale
immediatamente a 51 Megabyte, se è inviata a 4 persone.
L'aumento immediato di "ombra digitale" è, infatti,
provocato dalle copie che, automaticamente, fanno del
documento inviato sia i singoli pc degli utenti sia i
server che gestiscono la posta. A loro volta i destinatari,
poi, quando scaricano l'allegato, creano altri duplicati.
ingigantendo così le "ombre digitali" dei loro ignari
utenti.
L'"ombra digitale", poi, non è detto che appesantisca
unicamente la lecita aspirazione alla privatezza di ogni
essere umano. Il suo impatto è reale anche nel mondo
concreto: anche il consumo di energia cresce assieme al
fantasma dei dati digitali. Mediamente un server rack,
nel 2000, si limitava ad assorbire la potenza di 1 kW.
Oggi ne consuma 10 e si lavora alla nuova generazione da
20 kW. Si stima che Google abbia un potere di fuoco di
circa 450 mila server, macchine generatrici di "ombra
digitale" che hanno bisogno di una potenza totale di 90
MW, equivalente a quella prodotta da una centrale
termoelettrica.
Per paradosso la mole maggiore di questi dati, che poi
formano l'"ombra digitale", è sempre meno gestita
dall'individuo, ma dalle aziende: molte forniscono
gratuitamente servizi allettanti come caselle di posta
illimitate, spazi server per pubblicare e scambiare
foto, filmati e meravigliosi gadget che ci tengono
incollati come bambini alla stressa macchina che usiamo
per lavorare. Sarebbe giusto che cominciassimo a renderci
conto che questo gioco ci fa sentire smisurati nelle
nostre relazioni, ma presto ci impedirà di operare ogni
forma di controllo su ciascun byte della nostra vita che
affidiamo alla Rete, ma che ci ritroviamo automaticamente
dietro alla schiena trasformato in inquieto spettro
digitale. E' una parte della nostra vita privata, che
abbiamo fatto serenamente trapassare nell'aldilà digitale,
ma forse senza la piena consapevolezza che qualcuno
potrebbe, in ogni istante, metterci il naso senza chiederci
il permesso.
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