[e-privacy] Le elezioni del mondo

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Fri Mar 17 09:43:35 CET 2006


il manifesto

giovedì 16 marzo 2006

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STATI UNITI

CHRIS FLOYD *

STORIE

Con  una decisione  amministrativa clandestina,  il voto  del  2008 in
California (e dunque negli Usa) è stato deciso il mese scorso. Vincerà
Bush, con un broglio già pronto

Chi ha deciso le sorti del mondo?

Tre settimane or sono,  un oscuro funzionario repubblicano dello stato
di California, non eletto ma nominato dal partito, ha deciso il futuro
del  mondo. Questo  futuro sarà  ­ almeno  per i  prossimi 6-7  anni a
venire  ­  un crescente  incubo  di  guerra, corruzione,  repressione,
dissesti, atrocità  e terrore. E  questo perché il  leale apparatchik,
con un  tratto di  penna, ha garantito  la permanenza al  potere della
fazione militarista  di George  W. Bush nel  2008 e oltre.   Una delle
poche certezze nelle moderne faccende di politica interna statunitensi
è che  nessun candidato  democratico può sperare  di vincere  la corsa
alla Casa  bianca senza vincere  in California.  Grazie al  sistema da
asilo infantile dei Collegi  Elettorali messo in piedi dagli Oligarchi
Fondatori  per tener  lontana  la  gente di  bassi  natali dal  votare
direttamente per  il presidente, la  grossa sporta di  voti elettorali
della  California  è  decisiva  per  i  Democratici  per  superare  la
moltitudine  di  piccoli  e  spopolati  stati che  votano  sempre  con
sicurezza per  i Repubblicani. Mettere in saccoccia  la California non
garantisce ovviamente la vittoria democratica; ma senza la California,
i conteggi  elettorali mozzafiato delle taroccate elezioni  del 2000 e
del 2004 non sarebbero stati neanche necessari. E dunque: la decisione
del  segretario di stato  della California  Bruce McPherson,  presa in
segreto e  all'improvviso, di passar  sopra le obiezioni  avanzate dai
suoi stessi esperti e di  certificare come valide per uso ufficiale in
tutto  lo stato delle  «macchine per  votare» Diebold  ­ completamente
aperte  all'intervento di  hackers  e prodotte  da un'azienda  privata
politicamente  schierata ­  significa molto  semplicemente che  per le
presidenziali del 2008 l'imbroglio è  già fatto. Non ha importanza chi
sarà a correre per i Democratici ­ Hillary Clinton, Barack Obama, John
Edwards,  George Clooney o  Gesù Cristo  vestito da  Zio Sam  ­ perché
questo non farà un'unghia di  differenza. La California è già perduta,
la presidenza  è già perduta, i  Bushisti sono già in  sella. I giochi
sono fatti. 

Risultati impressionanti 

Dopo che  le macchine  di Diebold avevano  fallito miseramente  in una
serie di test l'anno scorso ­ scrive il giornalista investigativo Brad
Friedman ­ questo McPherson aveva pensato di tenere in sospeso la loro
certificazione fin  quando una commissione  di esperti, da  lui stesso
scelti uno per uno, non avesse  esaminato ben bene il sistema prima di
dirgli addio. La commissione ha consegnato il suo parere conclusivo il
mese  scorso e i  risultati sono  impressionanti, molto  al di  là dei
peggiori  timori  del più  ardito  «teorico  della cospirazione».   La
commissione  in  sostanza ha  trovato  che  le  macchine Diebold  sono
letteralmente crivellate di  curiose anomalie, «buchi» strutturali che
in pratica  «lasciano il completo  controllo del sistema»  a eventuali
hackers,  che dall'esterno  potrebbero  «cambiare i  totali dei  voti,
modificare  i rapporti,  cambiare i  nomi dei  candidati,  cambiare la
competizione  che  si sta  votando».   E non  basta:  quel  che è  più
importante, per fare  il loro lavoro sporco gli  hackers non avrebbero
bisogno  di conoscere  password o  chiavi crittografiche,  o  di avere
accesso ad  altre parti del  sistema», come ha riportato  all'epoca il
Los Angeles  Times. «Elettori, candidati e  osservatori delle elezioni
non saprebbero  di esser stati imbrogliati». Si  potrebbe immaginare a
fatica un mezzo più perfetto  per truccare un'elezione.  E la faccenda
non richiederebbe nient'altro che un pugno di fedeli zeloti high-tech,
non una larga e facilmente scopribile cospirazione. Naturalmente, dopo
una  simile, rovente condanna,  questo McPherson  ha fatto  quello che
avrebbe fatto ogni funzionario  cui è stata affidata la responsabilità
di garantire la serietà e la credibilità delle elezioni nel suo stato:
ha approvato lo scalcagnato sistema alla luce della luna, nelle ultime
ore  di  un  venerdì  prima  di  un  weekend  festivo,  senza  nessuna
discussione  pubblica ­  addirittura  senza aspettare  i risultati  di
controllo  federale in corso  sui codici  infestati di  «cimici» delle
macchine Diebold.   E adesso questi  aggeggi ­ i cui  cronici «guasti»
hanno  fatto da  protagonisti  in numerose  elezioni contestate  degli
ultimi  anni e  nelle vittorie-miracolo  dell'ultima ora  di candidati
repubblicani in giro per il paese ­ avranno il controllo della pentola
d'oro  elettorale  californiana.  Un   buon  esempio  di  come  questo
controllo   effettivamente  funziona   può  essere   visto   nel  caso
dell'Alaska.  Lì,  il  partito  democratico  dello  stato  ha  cercato
lungamente di ottenere  una verifica di alcuni dei  risultati del 2004
«contati» dalle macchine Diebold,  che avevano presentato una serie di
strane anomalie  ­ tra cui l'omaggio  a George Bush  di centomila voti
extra che  erano poi  risultati inesistenti. Dapprima,  dei funzionari
dello  stato  avevano bloccato  la  richiesta  perché  questo tipo  di
informazioni ­ il conteggio dei  voti di un'elezione pubblica ­ era un
«segreto aziendale»  che apparteneva esclusivamente  alla Diebold. Poi
decisero che  i risultati potevano  in effetti essere verificati  ­ ma
solo a condizione che alla  Diebold e ai funzionari repubblicani fosse
consentito  di   «mettere  le  mani  nei  dati»   prima  di  lasciarli
verificare.  Alla  fine,  persino  questa sporchissima  trasparenza  è
apparsa eccessiva per gli  sgranocchiatori di schede bushisti: il mese
scorso,  i   funzionari  dell'amministrazione  dell'Alaska   ci  hanno
ripensato  e   hanno  improvvisamente  dichiarato   che  verificare  i
risultati avrebbe posto un terribile  ma non precisato «rischio per la
sicurezza» dello stato. 

Teocrazia totalitaria

Le  votazioni in  America sono  sempre più  controllate da  un piccolo
numero di corporations legate  tra loro: Diebold, Es&S, Sequoia, tutte
aziende  che hanno strettissimi  legami politici  e finanziari  con la
fazione di Bush ­ e con  altre forze oscure allo stesso tempo. Diebold
e Es&S sono state entrambe  finanziate dal tycoon Howard Ahmanson, che
è  stato anche uno  dei principali  fondatori del  movimento cristiano
«Dominionista» ­  un organismo  che reclama apertamente  una teocrazia
totalitaria  per  l'America,  con  tanto  di pena  di  morte  per  gli
omosessuali,   riduzione  in   schiavitù   dei  debitori   insolventi,
lapidazione per i peccatori e  privazione della cittadinanza per i non
credenti. Come riferisce Max  Blumenthal, questi estremisti sono stati
accolti  con entusiasmo  come parte  integrante della  «base» bushista
fatta di evangelici politicizzati,  i cui quadri hanno silenziosamente
riempito i posti di governo negli  ultimi cinque anni.  E da parte sua
Sequoia  ­ le  cui  macchine contavoti  hanno  prodotto qualcosa  come
100.000 «errori» in  una sola contea della Florida  nelle elezioni del
2004, secondo una recente verifica  ­ è un'azienda di proprietà di una
consociata del  gruppo Carlyle, la holding finanziaria  i cui traffici
di insider  e profitti di guerra  hanno portato milioni  di dollari di
guadagno  alla famiglia  Bush.  E  così  dunque le  elezioni del  2008
saranno  condotte  in  larga  misura attraverso  macchine  per  votare
totalmente   aperte,  programmate  da   partigiani  dichiarati   e  da
finanziatori di una  gang spietata che ha già  commesso provati brogli
elettorali  su larga scala  per costruire  le risicate  «vittorie» nel
2000 e  nel 2004. E allora  non ha importanza chi  gareggia; non conta
chi vota; non interessa  quanto profondamente impopolare sia diventata
la  fazione  di  Bush  con  il disastro  omicida  dei  suoi  programmi
militar-aziendali. Il «consenso  dei governati» sarà annegato comunque
nel  fiume di  denaro che  ha  comprato il  processo elettorale  della
nazione. 

*Giornalista  americano.  Il testo  è tratto da  «The Empire
Burlesque»



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