[e-privacy] Videocontrollo - Il diritto di restare opachi
Avv. Barbara Gualtieri
barbaragualtieri at libero.it
Tue Nov 5 10:45:58 CET 2002
Videocontrollo
Il diritto di restare opachi
Contro una vita trasparente, spiata dalle telecamere a circuito chiuso, si
formano i gruppi di autodifesa della privacy. Che organizzano sit-in e
spettacoli teatrali davanti agli obiettivi della sorveglianza
di Giancarlo Sturloni
http://www.espressonline.it/ESW_articolo/0,2393,39048,00.html
Ormai sono dappertutto. E ci spiano, giorno e notte, in barba al diritto
di privacy. Sono centinaia le telecamere di sorveglianza installate in ogni
angolo delle nostre città, e il loro numero continua ad aumentare. E così a
Manhattan, una delle aree urbane a più alta densità di occhi indiscreti, ma
anche in Italia, a Bologna, si formano i primi gruppi di autodifesa. Nella
convinzione che «una società più controllata non sia affatto una società più
sicura, ma soltanto una società meno libera».
Fra chi ha deciso di fare resistenza attiva, i più originali sono forse i
Surveillance Camera Players, un collettivo di artisti di strada newyorchesi
che usano le telecamere di sorveglianza come strumento di sensibilizzazione
sociale. Davanti all'obiettivo inscenano brevi rappresentazioni teatrali,
talvolta tratte da opere letterarie, più spesso direttamente ispirate al
tema del videocontrollo. In questo modo attirano l'attenzione dei passanti,
invitandoli a prendere coscienza del fatto che la nostra vita quotidiana si
svolge ormai su un palcoscenico urbano circondato da telecamere a circuito
chiuso.
Il fondatore dei Surveillance Camera Players si chiama Bill Brown, ha 44
anni, fa l'avvocato, e si definisce «una persona qualunque, che vuole solo
capire cosa sta succedendo alla città in cui è nato e che più ama». Da tempo
esplora i quartieri di Manhattan a caccia di occhi elettronici. Li cataloga,
li suddivide per tipologia, cerca di risalire ai proprietari. E talvolta
organizza vere e proprie visite guidate in cui turisti e abitanti della
Grande Mela sono incoraggiati a scoprire le zone più monitorate della città.
Dopo gli attentati terroristici dell'11 settembre, le misure di controllo si
sono moltiplicate. Ma quelli come Brown rifiutano l'idea che la nostra
sicurezza sia proporzionale al numero di telecamere: «Al Word Trade Center
ce n'erano così tante che non sono nemmeno riuscito a contarle: a cosa sono
servite?».
«Noi non siamo disposti a rinunciare ai nostri diritti civili in cambio di
una promessa di sicurezza - proclama Brown - noi vogliamo globalizzare il
diritto alla privacy, e vivere liberi dal controllo della trasparenza>=. Il
riferimento è al Panopticon, la prigione perfetta teorizzata dal filosofo
inglese Jeremy Bentham nel 1785: interamente fatta di celle trasparenti,
avrebbe permesso a un solo secondino di sorvegliare tutti i detenuti da una
torre centrale, senza essere visto. Un luogo capace di annientare ogni
momento privato, "per imprigionare non solo il corpo, ma anche l'anima",
avrebbe scritto più tardi il filosofo francese Michel Foucault. E temendo
che una società ipercontrollata possa diventare una prigione trasparente,
Brown promuove l'idea che "restare opachi è un diritto".
Da alcuni mesi una cellula del gruppo newyorchese è attiva anche in Italia,
a Bologna. Sul sito ufficiale gli attivisti italiani denunciano che anche le
nostre città sono ormai soffocate dalle videocamere di sorveglianza, che
spesso appartengono a privati ma hanno l'obiettivo costantemente puntato su
spazi pubblici. «A Bologna, in pochi metri, se ne possono contare
centinaia», raccontano gli attivisti che, come i colleghi americani, usano
la propria immagine per disintegrare il mito secondo cui solo chi ha
qualcosa da nascondere si oppone al videocontrollo. Per questo tutte le
performance sono disponibili anche online.
Forse i Surveillance Camera Players combattono contro i mulini a vento, ma
iniziative analoghe si stanno moltiplicando. A Pittsburgh, negli Usa, ha
sede un collettivo di artisti e ingegneri che promuove vere e proprie
strategie di contro-sorveglianza. L'ultimo progetto si chiama iSee e
permette, grazie a una serie di mappe interattive liberamente consultabili
in rete, di pianificare una passeggiata per Manhattan al riparo da occhi
indiscreti: basta digitare punto di partenza e quello di arrivo, e il
software suggerirà l'itinerario meno videocontrollato. Il progetto iSee,
esposto al New Museum di New York, è stato presentato anche in Italia, in
occasione del Digital-is not-analog.2002 Festival, a Campobasso dal 24 al 26
ottobre scorsi (http://www.d-i-n-a.net).
04.11.2002
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